5 ottobre 2009: conferenza stampa Città Possibile

5 ottobre 2009

Conferenza stampa La Città Possibile

Ore 11.00 presso l’Osteria del Gallo, via Vitani (Como). Presentazione del documento ^Suggerimenti e proposte de La Città Possibile Como al redigendo Piano di Governo del Territorio del Comune di Como, ai sensi dell’articolo 13, comma II, della legge regionale n. 12 del 2005^.


«Scusi, ma da qui una volta non si vedeva il lago?» «Lago? Quale lago?»

«Scusi, ma da qui una volta non si vedeva il lago?» «Lago? Quale lago?»

Dopo la denuncia di alcuni cittadini, il quotidiano La Provincia annuncia il sopralluogo del Soprintendente ai beni architettonici e paesaggistici della Lombardia, dr. Alberto Artioli, al cantiere delle paratie. Il quale afferma «Voglio sperare che queste opere non vadano a ledere le visuali. Se ci sono da far degli interventi migliorativi mi auguro che siano davvero tali. Si era parlato di allargare e ingrandire il lungolago, ma se effettivamente l’intervento occulta la visuale non è una bella cosa». No. Non è una bella cosa. Siccome aver espresso qualche perplessità sulla possibilità che la visuale del lago venisse compromessa dalle paratie non è servito a niente, se non a farci iscrivere al Partito del No, ci viene in mente una barzelletta anglosassone generalmente utilizzata per mettere in luce il fatto che l’abitudine può farci perdere di vista le cose di tutti i giorni, nonostante la loro importanza. La barzelletta parla di pesci e di acqua, ma potremmo ^girarla^ così:

Siamo nel 2020. Un signore anziano viene in visita a Como. Scende con il treno in Centrale (la Nord non c’è più da un pezzo, al suo posto c’è un grattacielo con ristorante panoramico all’ultimo piano) e si avvia verso piazza Cavour. Quando arriva in piazza si guarda intorno un po’ frastornato. Gli sembra che manchi qualche cosa, ma non sa bene che cosa. Entra al Monti, ordina un caffé e chiede al barista: «Scusi. Ma da qui una volta non si vedeva il lago?». E il barista: «Lago? Quale lago?».



Un manicomio di confine. Storia del San Martino.

Un manicomio di confine. Storia del San Martino.

L’11 settembre Gianfranco Giudice presenta a Parolario il volume UN MANICOMIO DI CONFINE. STORIA DEL SAN MARTINO DI COMO, edito da Laterza. L’appuntamento è alle 16 in piazza Cavour. Con Giudice saranno presenti Vittorio Sironi (Università Milano Bicocca), Paolo Ceccoli (Liceo Volta di Como) e Antonio Marino de La Provincia. Consigliamo caldamente la partecipazione.

[La foto è di Gin Angri]


Hippo sei salvo! Parola di Davide Boni, assessore al Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia!

Hippo sei salvo! Parola di Davide Boni, assessore al  Territorio  e Urbanistica della Regione Lombardia!

Ricevo da Pierangelo Piantanida, Presidente di WWF Como, una buona notizia che rilancio:

(Ln Milano 16 luglio 2009) L’area del comune di Como situata attorno allo storico ippocastano ( località Borghi) diventerà di “notevole interesse pubblico” e sarà quindi tutelata in maniera particolare sotto il profilo paesaggistico.
Lo ha deciso la Giunta Regionale su proposta dell’Assessore al Territorio e Urbanistica, Davide Boni.Con questo provvedimento vengono individuati criteri e cautele specifiche per la gestione di future trasformazioni territoriali. In particolar modo dovrà essere garantita la cura e la salvaguardia dello storico ippocastano insieme alla zona circostante compresa tra il limite del sedime della linea delle ferrovie Nord Milano, la via Ambrosoli, la via Aldo Moro e il limite sud che dovrà rimanere libera e permeabile. pertanto la sistemazione degli spazi pubblici, parcheggi ed arredi situati in quella zona, dovranno essere inquadrati in un progetto complessivo riguardante l’intera area che non naturi ma salvaguardi l’elemento arboreo di rilievo.
“L’area in questione e attualmente destinata a parcheggio- spiega l’Assessore Davide Boni- ha una sua identità caratterizzata dalla presenza dell’imponente ippocastano. Quest’albero rappresenta per i cittadini comaschi, un forte senso di identità che evoca la memoria storica del territorio; é di vitale importanza che questa memoria venga tutelata”.

E’ un piacere constatare che finalmente, dopo tanti anni, i nostri amministratori regionali, facendo ampiamente difetto quelli locali, riconoscano, anche se indirettamente, che la forte azione in difesa di questo bell’esemplare di Aesculus ippocastanum, a suo tempo fatta da cittadini, associazioni ed ambientalisti, é stata giusta.
Per chi non ricordasse le vicende legate al nostro Hippo, ecco il link ad un post d’annata, firmato Alberto Bracchi e Marco Castiglioni:
https://cittapossibilecomo.org/sterilizzare-lippocastano/
Ed ancora l’idea, pensata da alcune associazioni, di un interessante progetto per quest’area,
http://www.autistici.org/fuoridallemura/ippocastano/progetto_ippo.pdf
Penso che, questa inaspettata buona nuova – a Como generalmente gli alberi decidono di tagliarli. il cedro di Piazza Verdi docet!- possa stimolare le energie e le idee dei tanti cittadini che si sono affezionati a questo imponente amico, recentemente censito come albero monumentale dalla nostra Amministrazione Provinciale, tanto da spingerli a chiedere che il progetto di riqualificazione dell’area, sia partecipato e condiviso.



Quando la stupidità non ha confini

Quando la stupidità non ha confini

Torino, Parco Dora, nel condominio nasce un muro anti-bambini

da http://torino.repubblica.it/

[di Diego Longhin]

Al posto dell’altalena e dello scivolo una rete metallica che spezza in due il cortile per dividere i buoni dai cattivi, per evitare che i bambini delle famiglie popolari si mischino con gli altri, con i proprietari degli alloggi del palazzo di fronte. Una lotta durata mesi, tra assemblee che votano a larga maggioranza la costruzione di muri e petizioni con centinaia di firme. E alla fine la rete che divide bimbi e grandi è stata piazzata per separare in due il cortile comune dei palazzi di corso Rosai 38, costruito dalla cooperativa San Pancrazio, e 44, edificato della cooperativa Di Vittorio.

Due condomini recenti, davanti all´Ipercoop, sulla Spina 3, realizzati con la riqualificazione dell´intera zona per le Olimpiadi del 2006. I problemi sono nati dopo, quando al civico 44 il Comune ha iniziato ad assegnare i primi alloggi popolari in linea con le politiche dell´assessore alla Casa, Roberto Tricarico: «Basta con i ghetti, meglio il mix sociale».

Un mix che a lungo andare, soprattutto con gli ingressi degli ultimi mesi, non ha convinto i residenti del numero 38 che sono ex soci della San Pancrazio e proprietari degli alloggi costruiti dalla cooperativa, al contrario degli inquilini della Di Vittorio, tutti in pratica affittuari. Il tutto è partito dal fracasso classico che fanno i bambini quando giocano nel cortile, dove dovevano essere montate altalene e scivoli mai arrivati. «Tu non puoi venire da questa parte», ha incominciato a dire qualcuno rivolgendosi ai più piccoli. Poi un pallone finito sul balcone, un vetro rotto e qualche scherzo di troppo. E da quello che poteva sembrare un rimbrotto si è passati a litigi pesanti tra i genitori dei due palazzi, a parole grosse, ad assemblee dove il 60 per cento dei proprietari del 38 hanno votato la costruzione di un muro. Ora c´è la rete metallica, un rimasuglio del cantiere che gli ex soci della San Pancrazio hanno trovato il modo di riutilizzare. «La situazione sta degenerando – dicono le mamme che vivono al numero 38 – quelli che vivono dall´altra parte non ci vogliono. Questo doveva essere il giardino di tutti e due i palazzi, ma non si sono mai visti i giochi». E un´altra mamma aggiunge: «Perché non possiamo convivere? Perché noi viviamo in case date dal Comune e loro invece se li sono comprati gli alloggi?».

La rete non ha placato i litigi, mentre i bambini si guardano da una parte all´altra delle maglie senza capire il perché di tanto odio. I ragazzi più grandi provano anche a scavalcare, vogliono continuare a giocare con gli amici dell´altro palazzo, anche se c´è il rischio che qualche grande li placchi e che scoppi un diverbio. Imbarazzato Pasquale Cifani, presidente della coop San Pancrazio e vicepresidente della Di Vittorio: «L´unica cosa che possiamo fare – spiega – è rimuovere la recinzione, visto che è di nostra proprietà. Si trattava di un rimasuglio del cantiere. Lo faremo al più presto». Rimane però il problema. I proprietari del civico 38 hanno votato in assemblea per dividere il cortile, se possibile anche con un muro. «Se lo vogliono dividere possono farlo. Nessuno lo può impedire: è nel loro diritto. Ma lo facciano a loro spese e non utilizzando materiale che apparteneva alla cooperativa».

(14 luglio 2009)


Guido vuole più tavoli nei parchi pubblici!

Guido vuole più tavoli nei parchi pubblici!

Vi é mai capitato di sbattere via il giornale, di spegnere la radio e la televisione, troppe notizie nere, troppo rumore, troppa sofferenza, troppa ingiustizia, troppo.
Così improbabile trovare una notizia che ti allarga il cuore e la mente che quando invece c’é e grazie al cielo il maggior quotidiano locale la riporta quasi non ci credi ed invece sì, non é mica vero che tutto va solo in una direzione, no ci sono persone e giovani, con gli occhi aperti sulla città, che la guardano e la vogliono cambiare.
Giovani come Guido Rovi che guarda i giardini e pensa che ecco nei giardini manca qualcosa, i tavoli, che diamine! E lancia un gruppo su Facebook per chiedere che nei nostri tristi parchi pubblici, di grazia, ne mettano qualcuno:

Perché sedersi attorno a un tavolo crea socialità, gioco e divertimento.
Un punto di ritrovo per giovani, anziani, mamme e bambini.
Perché si deve pagare per sedersi a un tavolo?
Un tavolo non serve solo nelle aree pic-nic
Quindi diciamolo forte:
“Vogliamo più tavoli nei parchi pubblici!”

Come non essere d’accordo?
Guido ed i suoi amici si trovano nei giardinetti di via Anzani……e uno dei primi progetti de La città possibile como, riguardava proprio la loro riqualificazione!
Che bello vedere che uno sconosciuto amico ha preso il testimone!
Grazie Guido!


L’era glaciale anche a Como

L’era glaciale anche a Como

Il sito del Comune di Como pubblica un lungo resoconto della prima conferenza di valutazione nell’ambito della VAS (Valutazione Ambientale Strategica) del PGT (Piano di Governo del Territorio). Non so chi abbia scritto la scheda pubblicata sul sito del Comune. Non riesco però a non chiedermi come sia possibile anche solo pensare che un cittadino sia invogliato a partecipare alla VAS dopo aver letto un pezzo del genere, traboccante di stereotipi e del peggior linguaggio burocratico. In particolar modo in regione Lombardia, i criteri informatori della VAS sono ispirati alla comprensibilità del processo, condizione per la sua partecipazione. Sono comprensibili espressioni come “nuove istanze progettuali“, “leggi sussidiarietà“, “documento di scoping“? Che dire di frasi che nessuno avrebbe usato neppure agli albori della Repubblica, quali

la Valutazione Ambientale Strategica (Vas) è un processo finalizzato a documentare la compatibilità ambientale delle scelte urbanistiche dell’amministrazione integrando a tal fine considerazioni di natura ambientale, archeologico-culturale e paesaggistiche nei piani e nei programmi attraverso lo svolgimento di consultazioni, la valutazione di un rapporto ambientale e la messa a disposizione delle informazioni in merito alle decisioni prese?

E che dire di “Tutti i documenti sono pubblicati sul sito del Comune all’indirizzo www.comune.como.it cliccando sul banner VAS“? A parte la posizione del ^banner^ in questione, ^appiccicato^, come un post it sul frigorifero, del tutto a caso tra “Servizio Civile Nazionale” e “L’energia solare che ti rinfresca”, cosa sarà mai questo ^banner^, si chiederà un lettore standard? Straordinario il “Dopo Laria” (magari, l’ing. Laria) “è intervenuta la dottoressa Paolillo (non legata da alcuna parentela all’omonimo professore) …”, a ricordarci in che tempi bui viviamo. Neppure in termini di diritto siamo messi bene: non credo infatti che il prof. Paolillo abbia affermato che

L’adozione del Pgt, da parte del consiglio comunale, dovrà avvenire in novembre per arrivare all’approvazione definitiva, pena il commissariamento del Comune, entro il marzo 2010.

Il Commissariamento c’è, infatti, solo per il mancato rispetto del termine del 15 settembre 2009 (avvio del procedimento di approvazione). Scaduto il termine del 31 marzo 2010, non c’è alcun commissario: semplicemente lo strumento attuale (il Piano Regolatore Generale) perde efficacia, secondo l’articolo 25, c. 1, della l.r. 12 del 2005. Il che a significare che a partire dal 1° aprile 2010 nessun titolo edilizio potrà essere rilasciato, o nessuna d.i.a., presentata, se non utilizzando l’articolo 9 del D.P.R. 380 del 2001, che espressamente regola l’attività edilizia nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici.
Scadranno alle ore 12 del 28 agosto i termini per la presentazione delle nuove istanze per il Pgt, conclude la nota, specificando che

suggerimenti e/o proposte dovranno pervenire all’Ufficio Protocollo del Comune di Como: direttamente all’Ufficio Protocollo Via Vittorio Emanuele II, 97 dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle ore 12; tramite posta con Raccomanda R/R. I testi e gli elaborati grafici, rappresentativi delle proposte dovranno essere redatti in triplice copia in carta libera.

Siamo nell’anno del signore 2009 e ancora dobbiamo rapportarci con la pubblica amministrazione in termini di ^posta raccomandata R/R^? Come se nel 2005 non fosse stato approvato il Codice dell’amministrazione digitale (decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82), il cui articolo 3, intitolato ^Diritto all’uso delle tecnologie^, recita:

1. I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e con i gestori di pubblici servizi statali nei limiti di quanto previsto nel presente codice.

Di questo passo temo che, come i dinosauri di Dürrenmatt, sceglieremo di estinguerci, pur di non “fare una figuraccia nei confronti dell’evoluzione”.


Prendere nota: a Como si parcheggia gratis.

Prendere nota: a Como si parcheggia gratis.

Ieri, 28 giugno dell’anno del signore 2009, ricorrenza di Sant’Ireneo, vescovo e martire, nemico degli gnostici, ho avuto la fortuna di essere illuminato sul sesto mistero glorioso, in cui si contemplano i poteri attribuiti ai Vigili di Como quando si tratta di elevare multe. Nel tardo pomeriggio di una domenica estiva, caratterizzato dal vivace parcheggiare in ogni luogo e in ogni dove di moto di media e grossa cilindrata che gioiosamente affollano strade e marciapiedi sul lungo Lario Trieste a Como, contribuendo così ad una sano rallentamento di ogni altro veicolo dotato di ruote, passeggini e biciclette comprese, ho avuto la fortuna di imbattermi in un’auto di pattuglia dei suddetti Vigili che, per l’appunto, pattugliava, l’ingresso del suddetto lungo Lario Trieste. Essendo casualmente presenti anche i Vigili stessi, in numero di due, mi sono permesso di chiedere a costoro se le numerosissime moto che sostavano a ridosso dei vari cartelli di divieto di sosta riducendo a una sola corsia (o canna, come si usa dire in questi giorni pedemontani) la già ridotta viabilità locale, non fossero, per l’appunto, in divieto di sosta. Giustamente, ma stupido io a chiederlo, mi è stato risposto dal Vigile n. 1 che siccome i posti per le moto non bastavano, esse si erano, per così dire “allungate un po’” (cito testualmente). Affermazione alla quale ho, d’istinto, replicato che, se così è, la prossima volta che non troverò un posto per la macchina mi ^allungherò^ un po’ anch’io, senza preoccuparmi del divieto di sosta. Sbagliavo perché, mi ha corretto il vigile n. 2, socio anziano del suddetto Vigile n. 1, i Vigili hanno il potere di non elevare multe per ragioni di forza maggiore. A questo punto definitivamente sragionando, ho esclamato: “Caspita! Ma questa è una notizia da mettere sul giornale!”. Al che il suddetto Vigile n. 2, accomiatandomi, mi ha salutato dicendo: “Sul giornale ci finiamo noi se gli diamo le multe!“. Ah, beata ingenuità, la mia!