Notizia d’emergenza, agite con urgenza. C’é qualcuno che parla di futuro a Como.

Abbiamo un sogno
Riprenderci il futuro della città

Stefano Ferrari / La Provincia / 27 gennaio 2010

Francesca è un ottimo avvocato che di mestiere fa la mamma di due bambini pieni di salute e di voglia di correre. Ogni volta che capita di incontrarsi si finisce sempre per sghignazzare delle imprese compiute dalle rispettive, esuberanti figliolanze. Francesca appartiene alla categoria dei genitori d’appartamento, i cosiddetti senza giardino, quelli che per «arieggiare» la prole devono affidarsi ai servigi della pubblica amministrazione. Così, dalle peripezie degli infanti alle carenze della città il passo, nei discorsi, è brevissimo:«Scrivilo che non c’è un posto per far giocare i bambini». Il prologo è per dire che, in città, il posto per far giocare i bimbi ci sarebbe eccome, e magari anche per far posteggiare le macchine, altra materia di cui si fa un gran discutere. È lì, ce l’abbiamo sotto il naso: tre anni dopo il suo scenografico abbattimento la Ticosa chiama, ma nessuno risponde. La sua è la voce di un bel pezzo di città che coltiva sogni semplici ma non per questo meno intelligenti di quelli suggeriti dai soliti rendering. Le palazzine che dovrebbero crescere sui ruderi della vecchia tintostamperia fanno schifo. Porteranno altro smog, altro traffico, altri residenti stipati come polli in batteria, tutti compressi dentro a edifici sfruttati al massimo per poter garantire il massimo guadagno. Via tutto, allora, via i rendering, i progetti, via i 14 milioni che l’amministrazione spera di incassare e che probabilmente non incasserà mai. Il futuro della Ticosa è un bell’autosilo interrato con uno o due piani coperti da un parco che si stenda da via Sant’Abbondio a piazza San Rocco. Fontane, alberi, percorsi per lo jogging, spazi per i bambini e un custode che la sera chiuda a chiave per riaprire al mattino. Formula identica a quella dell’ex zoo. Paga chi costruisce e gestisce il posteggio. Cinquanta, cent’anni di concessione. Avendo ucciso il futuro, la società dell’emergenza non è più capace di pianificare armonicamente il proprio sviluppo e prende le sue decisioni sulla spinta delle necessità immediate. Costruendo un parco sui resti della Ticosa, il Comune rinuncerebbe forse a qualche milione. In compenso, però, si riprenderebbe il suo (e il nostro) futuro.

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