Il Cosia navigabile?

Il Cosia navigabile?

Conoscete “l’aria” , “mensile di informazione plurale della provincia di Como”? No? In effetti è ancora un po’ clandestina, la si tova poco nelle edicole ma di sicuro presso alcuni punti quali Garabombo, l’Arci, le Acli e le sedi di varie cooperative del comasco. Come detto dagli stessi promotori, l’aria non è un giornale normale , ma piuttosto un contenitore di pubblicazioni aventi diversa periodicità. Tra queste ecoinformazionicomo, già noto settimanale, ora mensile. Proprio questa testata nel numero di maggio ha sviluppato il tema “la città naturale”, tema particolarmente caro ad associazioni come lacittà possibile che fanno della qualità del vivere urbano una delle cifre del loro agire. Un numero prezioso, da conservare e consultare, non solo perché c’è l’intervento di Marco Castiglioni che a nome del gruppo PVC descrive i luoghi ed il progetto del Parco della Valle del Cosia, ma anche per “tutti gli alberi della città” l’elenco, un vero e proprio censimento, che Andrea Rosso fa dei nostri poco conosciuti compagni di vita urbana. Lascio alla vostra curiosità scoprire gli altri interventi, ma su uno ancora vorrei soffermarmi: quello di Marco Lorenzini , che in “Naturalità artificiale”, traccia l’evoluzione dell’uso del verde in città. Egli conclude il suo pezzo chiedendosi: “c’è a Como una classe politica coraggiosa e illuminata ..capace di far proprio il desiderio di cambiamento, una classe politica capace di una visione chiara e traducibile in orrizzonti che tutti possiamo immaginare, per esempio una Como città d’acqua con il Cosia navigabile, una città modellata sui bisogni della Spina Verde e del lago…”. Penso che Lorenzini si sia permesso una licenza poetica , perché ovviamente il Cosia essendo un torrente non è mai stato né potrà mai essere navigabile.Quanto alla nostra classe politica, mi augurerei che fosse prima di tutto realista, senza particolare immaginazione ma con ferma volontà di mettere in atto, a proposito di acque, il risanamento del Cosia,Fiume Aperto, Breggia e lago, come prescritto da ormai imprescindibili direttive europee.Uno studio effettuato dall’ARPA di Como nel 2004 descrive lo stato di qualità ambientale del Cosia: lungo i suoi 13 Km questo indice passa da buono, appena sopra Tavernerio, a sufficiente, lungo il suo tratto scoperto in città, fino a diventare pessimo nel tratto coperto e alla sua foce. Prima di “un camminamento sui tetti che formi un disegno visto dal cielo”.. come auspica Lorenzini, sarebbe opportuno che si mettesse mano al disegno delle reti fognarie , si completasse l’allacciamento dell’utenza non collettata (13,4% ) e la divisione delle fognature non separate (26,1%), in altre parole che si curasse maggiormente la città sotterranea che, raccoglie così tanta parte di noi.


Spazio ai giovani

Spazio ai giovani

Una bella pretesa
I giovani non hanno spazi. Hanno asili, hanno scuole, hanno discoteche suvvia che cosa vogliono di più? Quali e quanti altri spazi pretendono? E per farne cosa? Luoghi ove depositare macerie di istruzione? Antri dove nascondere vecchi vizi? Perimetri nei quali rinchiudere eterne immondizie? Volumi vuoti pieni di cioè? Niente di personale – s’intende – ma i cosiddetti “Spazi giovanili” non sono un gran modello di efficienza, di concretezza o di elaborazione cultural-sociale. Sono spazi e questo – si suppone – basta sia a chi li chiede sia a chi li dà. Ai giovani è sufficiente averli e agli adulti (dopo infinite tiritere) concederli serve per dimostrare apertura (mentale), capacità d’intenti, senso democratico, spirito di novità e attenzione. Balle! I giovani vogliono spazi dagli adulti (e massimamente dagli amministratori pubblici) per una questione di principio (generazionale, si potrebbe dire) e senza mai presentare un vero “progetto” d’uso: troppo impegnativo elaborare qualcosa che poi – prima o dopo – si dovrà mantenere. “Vogliamo fare musica” dicono anche se nessuno veramente sa suonare oppure: “Vogliamo esprimere la nostra creatività” o anche: “Per relazionarci fuori dagli schemi consueti” sono “concetti” che stanno alla base di molte richieste. Si capisce che la sostanza non è quella; che la domanda non è genuina; che la pretesa è un’altra e procede da quella vecchia concezione del rapporto tra cittadino (giovane) e la (vecchia) pubblica amministrazione: pretendere. Lo spazio concesso per meriti d’età non deve essere un diritto e soprattutto non deve diventare uno spreco perché costa e perché, distribuendolo a casaccio o sotto la spinta di una situazione contingente, diventa uno spreco. Magari potrebbe essere – e meglio – destinato ad altri. La violenza delle richieste (vogliamo!) e la demagogia delle risposte (ecco… figlioli) rivelano un rapporto sterile, diseducativo, inutile. Del resto, se ci fosse veramente un bisogno (per suonare, dipingere, cantare, ballare…) un giovane intelligente lo spazio lo trova da sé; se ci fosse una politica intelligente gli spazi esisterebbero numerosi e già da tempo occupati. Ma queste due “intelligenze” non fanno parte della stessa linea e il cerchio – purtroppo non si chiude.
di Gerardo Monizza
:: da comoin-azione


Un tratto di riva in cambio di una piscina

Un tratto di riva in cambio di una piscina

Pubblichiamo dal sito Salviamo le rive di Blevio.

Un tratto di riva in cambio di una piscina. Si vuole vendere un pezzo di territorio di grande valore paesaggistico e culturale per ottenere in cambio una attrezzatura di scarso valore, da inserire in un parco storico che verrebbe a sua volta gravemente danneggiato. Con una sola operazione si perderebbero due beni preziosi, pretendendo di trarne un beneficio per la comunità. L’Amministrazione Comunale di Blevio (Como) ha avviato la procedura di una Variante di PRUG (LR 23/1997 e LR 12/2005, art.25) denominata Piano Attuativo Compendio Villa Belvedere. Il proprietario è Achille Locatelli; i progettisti sono l’architetto Marco Gerosa ed il geometra Massimo Colombo. La Variante è stata adottata dal Consiglio Comunale il 12 aprile 2006. Le operazioni previste dalla Variante/Piano Attuativo sono tre:

  1. Incremento volumetrico della Villa Belvedere di 550 mc circa ovvero il 10% del volume esistente;
  2. Vendita della spiaggetta Belvedere col suo percorso di accesso previa cambio di destinazione urbanistica;
  3. Costruzione di un “lido” con piscina (”comunale”) come compensazione (pagamento) per l’acquisizione del terreno pubblico, come previsto da apposita convenzione; stima dell’intervento € 850.000.

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Comitato di solidarietà a Rumesh

Comitato di solidarietà a Rumesh

E’ stato uno degli avvenimenti più dolorosi degli ultimi mesi a Como. Un evento che non solo ha rischiato di spezzare la vita di un giovane immigrato che si stava inserendo nella nostra comunità, ma che ha certamente aperto una ferita profonda nel tessuto sociale della comunità comasca. Quanto è successo è noto a tutti. La sera del 29 marzo Rumesh Rajgama Acharige (questo il suo nome completo) è stato raggiunto alla testa da un colpo di pistola sparato da un agente del nucleo sicurezza della polizia locale di Como. Al di là delle responsabilità e delle interpretazioni su quanto accaduto, aspetti che competono alla magistratura, alle istituzioni, alla discussione politica e nella società civile, ci siamo posti innanzitutto il problema di aiutare Rumesh e la sua famiglia. Da qui è nata l’idea di dar vita a qualcosa di concreto che è poi sfociata in un Comitato. Il “Comitato per la solidarietà a Rumesh”, appunto, che ora è realtà. E’ nato, si è validamente costituito ed ha la propria sede in via Italia Libera 23. Ne fanno parte CGIL, CISL, UIL, ACLI e CARITAS oltre a alcuni privati cittadini tra cui la sorella di Rumesh, Malka. Scopo esclusivo del Comitato, che non ha fini di lucro, ed è aperto alla raccolta di adesioni, è promuovere una pubblica raccolta di fondi a favore di Rumesh e della sua famiglia, offrendo loro la possibilità di una vita dignitosa e la disponibilità economica per affrontare i bisogni di cura e riabilitazione conseguenti al ferimento. Proprio per dare un carattere di concretezza a questa iniziativa il comitato si è posto fin d’ora un obiettivo ben preciso: quello di raccogliere 25mila euro entro la fine del 2006. Si tratta di una somma considerevole ma certamente alla portata di una realtà come quella lariana che – anche contribuendo a questa iniziativa – può dar forma concreta a quella sensibilità e a quella generosità che i cittadini comaschi hanno dimostrato tante volte, in passato, di possedere.

COME SI PUO’ CONTRIBUIRE?

Aiutare Rumesh e la sua famiglia è semplice. Si può:

  • fare un versamento sul conto corrente presso la banca S. Paolo, filiale di Como, via Milano 178, intestato al “Comitato per la solidarietà a Rumesh”, coordinate bancarie n. 01025 10902 100000004058;
  • oppure rivolgersi alle sedi provinciali di CGIL, CISL, UIL, ACLI, CARITAS.

Naturalmente l’entità e l’uso dei fondi raccolti, verrà dettagliatamente rendicontato e reso pubblico e sarà soggetto alle norme di legge che presiedono alla raccolta pubblica di fondi per garantire assoluta serietà e trasparenza dell’iniziativa. Ora tocca ai comaschi vincere questa gara di solidarietà.


Come passa il tempo …

Quanto tempo è passato da quando un ragazzo di nome Rumesh è stato colpito alla testa da un colpo sparato da un vigile in borghese, perchè sospettato di essere un writer? Il contatore qui sotto serve a ricordarcelo, in uno con il fatto che da allora si aspettano risposte, dimissioni, esiti delle indagini e quant’altro.


Gli Sventurati sorrisero …

Gli Sventurati sorrisero …

«Tra l’altre distinzioni e privilegi che erano stati loro concessi, per compensarli di non poter esser all’altezza, c’era anche quello di stare in un quartiere a parte. Quel lato dell’edificio era sovente frequentato da alcuni tra loro, scellerati di professione, molti de’ tanti, che, in que’ tempi, e co’ loro sgherri, e con l’alleanze d’altri scellerati, potevano, fino a un certo segno, ridersi della folla e delle leggi. Il nostro manoscritto non li nomina e senza parlar inoltre del casato. Un giorno, Costoro, da una finestrina che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta la folla animosa passare o girandolar 1ì, certamente per ozio, allettati anzi che atterriti dai pericoli e dall’empietà dell’impresa, s’affacciarono e attendevano senza gran sospensione, come avesse a finire quella burrasca, lontano però dal sospettar che dovesse cader così spaventosamente addosso a loro. Qualche galantuomo precorse di traverso la folla, per avvertirli di quel che li sovrastava. I commessi, attirati già dal rumore sulla porta, guardavano sgomentati lungo la strada, dalla parte donde il rumore veniva avvicinandosi. Mentre ascoltano, vedon comparire la vanguardia: in fretta e in furia, si porta l’avviso a Costoro: mentre questi pensano a fuggire, e come fuggire, un altro viene a dirgli che non è più a tempo. I commessi ne hanno appena tanto che basti per chiuder la porta. Metton la stanga, metton puntelli, corrono a chiuder le finestre, come quando si vede venire avanti un tempo nero, e s’aspetta la grandine, da un momento all’altro. L’urlìo crescente, scendendo dall’alto come un tuono, rimbomba nel vòto cortile; ogni buco della casa ne rintrona: e di mezzo al vasto e confuso strepito, si senton forti e fitti colpi alla porta. Solo allora, affacciandosi quasi in sospetto, Costoro s’accorsero di quel che stava davvero succedendo lì sotto e, al richiamo insistente della folla che li aveva scorti far quasi capolino, si mostrarono. La folla allora gridò: – Assassini, assassini, dimissioni, dimissioni – e poi ancora – Pace, pace – con grande confusione di idee e di voci eppur ferma e quasi immobile ad attendere una qualsivoglia risposta. I militi di giustizia ch’ebbero per primi l’avviso di quel che accadeva, spediron subito a chieder soccorso al comandante del castello il quale mandò alcune guardie. L’ufiziale che li comandava, avendo osservato il comportamento di Costoro, non sapeva che partito prendere. Lì sotto non era altro che una, lasciatemi dire, accozzaglia di gente varia d’età e di sesso, e tuttavia pacifica che stava a vedere. All’intimazioni che gli venivan fatte, di sbandarsi, e di dar luogo, rispondevano con un cupo e lungo mormorìo, ma nessuno si moveva. Avvenne a quel punto che tutti, soldati, guardie e pure i commessi con assieme la folla intera sollevarono come sorpresi lo sguardo verso la vetrata finestra dietro la quale, come fantasmi, Costoro sembravano curiosare. All’improvviso il corteo fermò il suo lento ondeggiare, le mille voci tacquero e vi fu un lungo silenzio. Gli sventurati sorrisero.»

pseudo Manzoni da “Le Promesse mancate” ovvero “Storia della finestra infame
testo di Gerardo Monizza; immagine di Carlo Pozzoni.


Sterilizzare l’ippocastano?

Sterilizzare l’ippocastano?

In questi giorni su La Provincia è apparsa la notizia della proposta di SPT per la riqualificazione dell’Area Ippocastano: 2 campi sportivi coperti, spogliatoi e quant’altro, chiaramente nell’assoluta salvaguardia del monumento verde. Al di là di sottolineare eventuali opportunismi od opportunità della Società promotrice, che peraltro finanzierebbe a proprie spese l’iniziativa, mi interessa chiederci: è solo l’orror vacui, piuttosto che un bisogno di ordine (in senso più o meno civico), che muove questo inconsapevole atto verso la sterilizzazione di un luogo? E ancora: ipotizzare un serio confronto (senza facili demagogie ne strumentalizzazioni) tra la comunità insediatasi (sudamercani) e la comunità indigena (comaschi del quartiere) e magari anche i Writers locali (vedasi vecchie ipotesi dell’ex Sindaco Botta) insieme alla Società proponente e coordinato dalla Pubblica Amministrazione, finalizzato alla reimmaginazione di questo posto, seppur più impegnativo, non potrebbe contribuire a costruire quella condivisione, senza la quale si perderebbe il senso di ogni sua trasformazione? Di seguito un estratto del contributo fornito a questo proposito su l’Aria, gennaio 2006:

Storia di un luogo: l’Area Ippocastano
Quasi vent’anni fa un gruppo di cittadini si è opposto, con successo, all’abbattimento di un bellissimo esemplare di ippocastano rosa, finalizzato alla costruzione di un autosilo. L’albero era assurto a simbolo dell’identità di un luogo, e di un quartiere, e della presenza di una comunità non solo locale, che intorno all’albero si è ri-trovata. Circa cinque anni fa, in prossimità dell’area dove nel frattempo era stato localizzato provvisoriamente un “parcheggio di attestamento a raso” tuttora esistente, vengono realizzate, come opere di urbanizzazione del complesso ex-Pessina (oggi Dadone), un percorso pedonale lungo le ferrovie Nord ed un improbabile campetto da gioco in cemento. Dopo i primi anni di completo inutilizzo, vista l’ubicazione apparentemente poco felice, una comunità di sudamericani né ha fatto un luogo, dove intere famiglie nelle sere di primavera e d’estate si incontrano nell’occasione di una partita a pallavolo, con rete e tiranti autocostruiti. Indubbiamente un luogo loro, in vece di un
nostro luogo della distrazione del Piano, della confusione pianificatoria, un luogo apparentemente senza senso. Un luogo perduto dove invece si è espresso un desiderio di città, intesa come comunità che si incontra che abita, che si ri-trova in uno spazio. Sarebbe interessante, a questo punto, sapere cosa ne pensano quei semplici cittadini, e non solo quei movimenti, che quasi vent’anni prima hanno salvato l’albero attorno al quale queste persone oggi si incontrano. Se, come dice precisamente Franco la Cecla, “Abitare è una facoltà umana. E’, cioè una abilità acquisita, costruita su una predisposiozione biologica, (l’essere fisicamente presenti in un luogo) ma elaborata culturalmente, quindi condivisa con una società.”, il dato che oggi queste persone lì non si ri-trovino non è tanto per una poco ortodossa qualità di quello spazio, ma per una quanto mai sopita abitudine all’abitare. E questo noi crediamo sia causato, al di la di ogni facile retorica, sia da una cultura tecnico-urbanistica che continua ad occuparsi di produrre e localizzare edilizia anziché porsi il problema delle condizioni dell’altrui abitare, sia da una crescente mancanza fondamentale di fiducia da parte di cittadini verso la possibilità di abitare la città, come ben ci ricorda Elisabetta Forni: “Si comunica poco e male, perché manca o è insufficiente una risorsa fondamentale: la fiducia. La città non garantisce certezze -se non purtroppo spesso in negativo- e genitori e bambini non hanno le risorse per dialogare. La città diventa allora l’altro da sé: portatore o creatore di mali reali o immaginari. Non è più un luogo da esplorare e nel quale apprendere attraverso l’esperienza, ma un mondo da cui difendersi, se è il caso. [Marco Castiglioni e Alberto Bracchi]


Aesculus – Ippocastano

Aesculus  –  Ippocastano

[Da Wikipedia] L’Aesculus noto con il nome comune di Ippocastano è un albero di grandi dimensioni appartenente alla famiglia delle Sapindaceae (già Hippocastanaceae), la specie più conosciuta in Italia è l’A. hippocastanus. Tutte le specie del genere Aesculus sono originarie dell’Asia e del nord America. Importato in Italia e in Europa, l’ippocastano viene usato in special modo a scopo ornamentale e lo si può trovare nei parchi e in molti giardini, ha un aspetto maestoso, la sua chioma di notevole altezza (oltre i 30 m) è molto ampia e tondeggiante, i vistosissimi fiori ermafroditi e profumati, riuniti come grandi pannocchie, sono di colore bianco e si aprono tra aprile e maggio; la liscia corteccia è di colore grigiastro.
I frutti o semi sono delle grosse e lucide castagne non commestibili, racchiuse in un riccio aculeato e vengono comunemente chiamati castagne d’India. Le foglie decidue, di colore verde brillante, sono di forma palmata e dotate di un lungo picciolo, unite al ramo in posizione opposta.
A volte le persone, per difendere questo albero maestoso, si radunano in migliaia e scendono in piazza, ritrovando come per miracolo una forte spinta interiore a mettersi insieme per difendere degli ideali [Como, 1990].


L’importante è legittimarsi …

L’importante è legittimarsi …

No. Mi spiace, ma nella vicenda che ha portato al ferimento di un ragazzino di 18 anni sospettato di essere un writer, si sta commettendo un errore, anzi il solito errore, quello di giustificare in qualche modo i writer e così legittimare la posizione di chi invoca il nucleo antiwriter. La gente non vuole i writer come non vuole i corpi speciali con “licenza di uccidere”. E ha ragione. Non solo: senza saperlo, la gente comune coglie il nocciolo del problema, perchè giustificando un estremo si legittima il suo opposto. Per quanto mi riguarda, gli autori degli scarabocchi di cui è pieno il centro storico possono essere tranquillamente inviati ai lavori socialmente utili: il fatto che il Comune di Como non gli abbia mai concesso degli spazi, non giustifica in alcun modo che si sfoghino bomboletta alla mano. Sono sottoposto a un regime fiscale folle che mi impone di anticipare il 90% delle tasse su entrate ancora non avvenute: non per questo mi vendico portandomi a casa l’equivalente in cartelli stradali. Come sempre, sfugge il dat di sfondo: si è creato un corpo speciale che risponde a soggetti politici e non a istituzioni centrali. Questo è il vero punto: vederlo non sottolineato e annegato tra le polemiche, le urla, i capelli da rasta, le bombolette, le keffiah, mi amareggia più del sorriso ebete dei quattro affacciati alla finestra del municipio, che invece sanno benissimo che alzando il livello della polemica le ragioni dei giusti scompariranno con quelle degli empi. “Uccideteli tutti: il Signore riconoscerà i suoi“: gridò il legato pontificio Arnaldo-Amalric alla presa di Bèziers. Finirà così. Tutti a urlare, ma la voce di quelli che denunciano la violazione dei principi costituzionali in materia di ordine pubblico finirà inascoltata, confusa e incomprensibile. E tutto rimarrà come prima. L’importante è continuare a legittimarsi vicendevolmente … keffiah vs. pizzetti di AN. Che tristezza.


Un uomo alla finestra, anzi quattro

Un uomo alla finestra, anzi quattro

L’ha fatto di proposito o è il suo abito mentale?
Ieri, il sindaco Bruni o meglio, il suo mezzobusto, è apparso ad una finestra del Municipio , proprio mentre stava passando il corteo “ Como città solidale e disarmata”, organizzato da partiti ed associazioni comasche, per manifestare solidarietà al ragazzo ferito – gravemente, da un proiettile esploso dalla pistola di un vigile della squadra antiwriters – e dissenso politico alla giunta Bruni che questa squadra ha fermamente voluto. Guardate, guardate la foto di Ponzoni su la Provincia di oggi 4 aprile 2006 , che ritrae il sindaco ed i suoi assessori, alla finestra, e chiedetevi che cosa mai li faccia sorridere , perché, sì, il sindaco sta proprio sorridendo. Questa è l’immagine che rimarrà negli occhi dei circa 1000 partecipanti che, arrivati davanti alla facciata di Palazzo Cernezzi che dà su via Sauro, con stupore, hanno visto Bruni e D’Alessandro, assessore all’Ambiente, Pastore, Presidente del Consiglio Comunale, e Caradonna, assessore ai Lavori Pubblici, guardare il corteo da dietro i vetri di una finestra: che non si è aperta quasi a segnare fisicamente, con il suo rimanere chiusa, la non volontà di dialogo.

Ad ulteriore conferma dell’atteggiamento di chiusura ad ogni confronto si è aggiunto il rifiuto opposto dalla maggioranza alla richiesta dei gruppi di minoranza di dedicare una seduta consigliare ai fatti avvenuti: questa sera all’ordine del giorno non si discuterà dell’accaduto ma del bilancio 2006. Eppure la città ha avuto un sussulto, è uscita dal torpore che la avvolge da anni: lo testimoniano le numerose lettere pervenute al quotidiano La Provincia che parlano di incredulità per quanto è avvenuto e partecipano il loro sdegno per il modo con cui questa amministrazione sta gestendo l’accaduto.

Lo testimonia la presenza forte e dolce dei tantissimi giovani che hanno accompagnato il corteo, portando striscioni che alternavano gli slogan più duri e politici “ Si dimettano i responsabili” “ Assassini vergognatevi” a quelli più creativi “ di writing si muore” , “ muri puliti, strade sporche di sangue” “Pochi imbecilli sparano in città” a fare il verso alla campagna antiwriters voluta dalla giunta e che recita “ Pochi imbecilli sfregiano una città” . Lo testimonia la risposta corale , partecipata e solidale di settori della società civile, solitamente cauti nella critica, specialmente verso questa maggioranza.

Caro dott. Bruni, lei, che si dice persona moderata sa che un sindaco dovrebbe essere per i suoi concittadini il buon pater familias di antica memoria e sa che di questi dovrebbe avere il noto buon senso, quello che, lei, purtroppo, non ha avuto, quando ha deciso di guardare dall’alto quanto avveniva. Torno alla domanda dell’inizio: lo ha fatto di proposito, per provocare, o è il suo abito mentale?

Lo striscione di Città possibile con le parole “ sicurezza è partecipazione – siamo con Ramesh e con i ragazzi” ha accompagnato il corteo e la presenza dei tre presidenti, che si sono succeduti in questi 12 anni di attività, ha confermato la volontà dell’associazione di essere presente nei momenti significativi della vita della città. Nella foto, Angelo Vavassori, Alberto Bracchi e Lorenzo Spallino.