La strada non vale un tubo e il traffico non è un liquido

La strada non vale un tubo e il traffico non è un liquido

MOBILITÀ URBANA / LE ULTIME SCOPERTE. Ingorgo al computer. Come si rendono più intelligenti le dinamiche del traffico? E’ quello che studia la Fisica delle Città. Una nuova scienza che ci riguarda tutti.

Interessante articolo su L’espresso.it, la cui parte finale è quella che più interessa i temi della Città Possibile. Che le dinamiche del traffico non possano essere assimilate a quelle dei fluidi è cosa – almeno per alcuni – nota. Non per i nostri amministratori, che ancora ragionano come se chiudendo una strada, il traffico necessariamente si debba riversare in quelle laterali, occludendole. La cosa è nota e dimostrata almeno dal 1957, in occasione delle manifestazioni di opposizione all’ampliamento di Washington Square (New York , 1957). Riassumo per gli assessori competenti: nel 1957 i residenti di Washington Square – una piazza in Greenwich Village -, si opposero, su iniziative di due “massaie”, al progetto di allargamento della strada che attraversava il parco per raggiungere la piazza. Gli amministratori locali non soltanto vennero costretti a rinunciare al progetto di R. Moses, “lo sventratore di New York”, ma furono obbligati a chiudere del tutto la strada, anche su suggerimento dello stesso Moses che confidava nel caos che ne sarebbe derivato. Anche in questo caso, successe il contrario di quanto paventato: il traffico diminuì non soltanto attorno a Washington Square, ma su tutta la Quinta Avenue. Il caso citato non è il solo: nel novembre del 1962 una coalizione di cittadini ottenne dall’amministrazione comunale la chiusura al traffico della via principale di Copenhagen, via Stroget; quattro mesi più tardi furono i commercianti a impedire che la via venisse riaperta alle auto. Con grande stupore dei trafficisti, la chiusura non comportò la saturazione delle vie secondarie, confermando la teoria – allora rivoluzionaria – che per diminuire gli imbottigliamenti non è necessario realizzare nuove arterie, quanto chiuderne alcune.

Riflessioni, briciole di appunti, per gli assessori comaschi, che dovrebbero chiedersi per quale motivo i cittadini dovrebbero utilizzare la fantomatica ferrotramvia se ancora si progettano parcheggi sublacuali e neanche un posto auto viene tolto a CSU, la società controllata cui è affidata – per contratto – la gestione delle aree di sosta e degli autosili di proprietà comunale, almeno fino al 31.12.2013.


Auto-mobili?

Auto-mobili?

Auto-mobili? Mobilità (come diritto di tutti a muoversi), immobilità/incapacità (di chi ci amministra ad affrontare con serietà e coraggio il problema) . Giochi di parole sul tema del giorno: auto, parcheggi, aria irrespirabile e raccolta di firme di cittadini inferociti. A questi ultimi, e ovviamente ai nostri amministratori, consiglio di leggere “La mucca puzza, l’auto puzza e inquina” di Guido Viale, dal Manifesto, da cui traggo questo pezzo:

La vera alternativa allo stato di cose esistente consiste nel dichiarare «area protetta» il bene pubblico rappresentato dalle strade urbane, e di sottoporle a vincoli rigorosi che garantiscano la salvaguardia delle sue funzioni più proprie; così come l’istituzione di aree protette (i parchi) affronta e risolve il problema della salvaguardia dei beni naturalistici assai meglio di quanto abbiano fatto le enclosures: sia dal punto di vista del valore – non solo ambientale, ma anche economico – delle risorse, che, ovviamente, da quello dell’equità. Dichiarare le strade urbane area protetta significa vietarle al traffico privato: cioè a tutti quei veicoli che non svolgono un servizio pubblico o di pubblica utilità: caratteristiche, queste, che vanno valutate e negoziate in modo mirato, caso per caso, e che possono variare nel tempo e a seconda delle circostanze; una valutazione e una negoziazione che rientrano tra i compiti di assoluta priorità delle autorità che hanno in carico la gestione del territorio.

Leggetelo tutto, ne vale la pena.