IN GIRO PER REBBIO – “CICLO-CASTAGNATA”
DOMENICA 18 NOVEMBRE dalle ore 14.00
Legambiente – Circolo Angelo Vassallo Como
DOMENICA 18 NOVEMBRE dalle ore 14.00
Riprendo e metto nero su bianco le riflessioni fatte all’incontro di Lora del 4 novembre 2011:
1 Partecipazione: L’articolo 1 dello Statuto della Città Possibile di Como cita i termini ‘Ecologia urbana e cittadinanza attiva’. Siamo nel 1994 e, quando nessuno ancora ne parla, l’associazione sperimenta sul campo la ‘partecipazione’, lavorando soprattutto con i bambini nelle scuole sui loro spazi, i cortili e i giardini delle scuole, riprogettandoli insieme e realizzando le idee con l’aiuto di genitori e insegnanti. Stessa esperienza, ad un livello più esteso, con il Ponte dei Bottini e il Parco della Valle del Cosia. Ovvero la partecipazione dal basso. Successivamente la nostra esperienza passa attraverso Agenda 21, il primo esperimento di partecipazione ‘istituzionale’, ricordo che nasce dalla conferenza di Kyoto e dalla carta di Aarlborg (a cui per altro aderisce anche Como, sindaco Botta). Sappiamo come è andata a finire: tutto l’appassionato e competente lavoro dei soggetti partecipanti, sfociato nelle 67 schede d’azione, affossato e messo nel cassetto da un’Amministrazione che in realtà non aveva nessuna intenzione di avviare reali processi partecipati. Poi arriva la nuova normativa urbanistica regionale e ognuno (in teoria) può dire la sua su PGT e Piani Attuativi attraverso le procedure di VAS. Ma qui il tiro si alza e chi può realmente partecipare? Grazie alle nostre competenze che nell’associazione riuniscono architetti, avvocati, sociologi e agronomi, riusciamo a fare proposte per il PGT, sotto lo slogan ‘vogliamo una città da fiaba’ sui nostri temi principali, il verde e il Parco Valle del Cosia, la mobilità dolce e la ciclabilità, i lavatoi comaschi e il tema dell’acqua. Ma ci fermiamo qui, perchè dopo la VAS dell’ex S.Anna, in cui riusciamo ad avere un certo seguito, non abbiamo più le forze e le possibilità di seguire tutte le VAS che si sono succedute sui Piani Attuativi in itinere. Allora la proposta è: ritroviamo nuove modalià di partecipazione dal basso, su temi locali.
2 Lungolago paratie ed esondazioni: concordo con tutto quanto è stato detto dai candidati, in particolare sulla rinegoziazione con Sacaim e con la Regione per portare a termine l’opera limitando i danni, e rimango della mia idea originale, quella della totale inutilità dell’opera idraulica (sì invece a un intervento leggero di riqualificazione della passeggiata) e rivendicando la ‘poesia del lago in piazza’, evento eccezionale che, come una forte nevicata, è una sorta di rivoluzione, blocca il traffico, porta il silenzio in città, e ci costringe a fermarci e riflettere sul nostro modo frenetico di vita. Un pensiero che può suonare romantico ma che vuole riportare al centro la natura e i suoi eventi. E, in fondo, un’esondazione non fa gravi danni, che comunque vengono ripagati dalle assicurazioni.
3 Mobilità e traffico: nei programmi dei due sindaci di centro destra c’era la volontà espressa di ridurre il numero di auto circolanti in città, ma tra il dire e il fare niente si è fatto, né in termini di trasporto pubblico né di mobilità dolce e ciclabilità, se escludiamo qualche timido intervento di Moderazione del Traffico realizzato dal mio amico Piero Lorini. Allora l’obiettivo deve essere sempre quello, riduzione graduale del numero di auto circolanti in città, anche in periferia, e sul come fare è stato detto bene dai candidati, con una politica della sosta rigorosa, con il potenziamento del trasporto pubblico, con l’estensione delle ZTL, con il favorire gli spostamenti in bicicletta. Ha ragione Guido Viale quando parla di ‘morte dell’automobile’ intesa per come la usiamo oggi, in modo stupido; e quindi dobbiamo smetterla di rincorrere una domanda sempre crescente, di spostamento e di sosta con l’auto (ho sentito un sindaco di un comune limitrofo dire “ dobbiamo fare i parcheggi di 3 metri per 6 perchè se no non ci stanno i SUV” … demenziale!) e renderci conto che non si tratta solo di inquinamento dell’aria e relativi danni alla salute ma anche di spazio rubato (soprattutto agli utenti più deboli della strada) e tempo rubato. E infine non dimentichiamoci il problema dell’incidentalità, che, seppure in lento miglioramento grazie ad auto più sicure e soccorsi più efficienti, fa ancora morti e feriti (il 75% in aree urbane) fra gli utenti deboli, pedoni ciclisti. E su questo tema c’è ‘Visione 0’, una politica complessiva che mette al centro la Moderazione del Traffico (sperimentata dalla Svezia, dalla Svizzera, e promossa in Italia dalla Città Possibile di Torino) che mira a ridurre a zero le cause dell’incidentalità così come si fa per il trasporto aereo o ferroviario.
Alberto Bracchi
“comunicare ai suoi abitanti (donne e uomini, adulti e bambini, giovani e anziani) gioia di abitare, piacere di appartenere a un luogo e a una comunità, possibilità reali di scegliere il proprio ritmo ….. diffondere questo messaggio culturale attraverso realizzazioni concrete che riguardino la sistemazione e la gestione di spazi verdi, il migliore uso delle aree scolastiche, la realizzazione di nuove condizioni di sicurezza e vivibilità nelle strade, la creazione di nuove occasioni di incontro e di convivialità. “
Giovedì 15 settembre 2011 presso la Libreria Feltrinelli a Como
La mostra che racconta in 60 scatti la Parada par Tucc 2011
Alle 18.30 aperitivo di inaugurazione, a seguire spettacoli di giocoleria, arti di strada, dj set.
Parada Par Tucc e un progetto artistico-sociale che utilizza arte e creatività come elementi di unione e aggregazione. Un percorso partecipato e fondato sui valori della gratuita, libertà ed ecologia che prende vita da una serie di laboratori artistici gratuiti offerti alla cittadinanza e trova la sua espressione in una sfilata cittadina. E’ un’occasione di cittadinanza attiva in cui persone e associazioni sono invitate ad intervenire sulla (e nella) città di Corno ed alla costruzione, reale e simbolica, della realtà in cui viviamo.
L’esposizione sarà visitabile fino al 15 ottobre 2011.
Le consigliere de La cittàpossibile como aderiscono all’appello alla mobilitazione delle donne italiane, domenica 13 febbraio 2011.
Ci vediamo a Milano in Piazza Castello alle 14,30?
p.s.
noi scommettiamo che aderiscono anche i consiglieri ed i Presidenti passati e presenti della nostra associazione, voi no?
Tutte balle.
Oggi é il 9 febbraio 2011. Sono passati 9 anni, 11 mesi e 2 giorni dal 7 marzo 2001, giorno in cui venne pubbicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 22 febbraio 2001, n. 36 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici“). Disponeva, dispone, l’ultimo comma dell’articolo 8 che
Sul sito del Comune di Como, alla pagina ^Regolamenti^, compaiono: Regolamento per il Consiglio Comunale, Regolamento dei Consigli di Circoscrizione, Regolamento per il Difensore Civico, Regolamento disciplinante le modalità d’accesso ai documenti amministrativi, Regolamento per i Contratti, Regolamento per l’iscrizione all’Albo delle Associazioni, Regolamento per le attribuzioni delle civiche benemerenze, Regolamento per i Referendum Consultivi, Regolamento ICI (2005), Regolamento Contabilità, Piano generale degli impianti pubblicitari – Regolamento del Piano, Piano generale degli impianti pubblicitari – Abaco distributivo, Regolamento Cosap, Regolamento Pubblicità, Regolamento TARSU, Regolamento generale per le entrate, Regolamento edilizio, Regolamento per l’installazione degli apparati di ricezione satellitare, Regolamento del corpo di Polizia Locale, Regolamento speciale per la custodia di edifici comunali, Regolamento per l’assegnazione di alloggi di riserva, Regolamento per il servizio comunale di economato, Regolamento del civico museo archeologico P. Giovio, Piano di localizzazione ottimale per le rivendite di giornali e riviste, Regolamento per la disciplina di smaltimento dei rifiuti solidi urbani o assimilabili, Regolamento per la concessioni di sussidi finanziari, Regolamento servizio di aiuto per la vita indipendente, Regolamento della consulta per il settore servizi sociali, Regolamento per la fruizione dei servizi scolastici, Regolamento in merito alla attività didattica svolta dai dipendenti, Regolamento sulle incompatibilità e per lo svolgimento di incarichi esterni, Regolamento di organizzazione, Regolamento sull’accesso agli impieghi, Regolamento Part Time, Regolamento Mobilità, Regolamento legge Merloni, Disciplina delle Posizioni Organizzative, Regolamento Procedimenti Disciplinari, Regolamento della Biblioteca comunale, Regolamento per la gestione della pubblica fognatura e dell’impianto centralizzato di depurazione, Regolamento della consulta comunale della famiglia, Indirizzi preliminari per l’utilizzo di spazi pubblicitari presso cantieri, edifici comunali in genere e la compartecipazione ai relativi proventi, Regolamento per l’istallazione e l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza, Regolamento per Albo Pretorio Virtuale, Regolamento comunale per i servizi armati appartenenti al corpo della Polizia Municipale, Regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari, Regolamento per la Fiera del Giovedì Santo, Regolamento Luna Park, Regolamento Mercato Mercerie, Requisiti per l’apertura e il trasferimento degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, Manuale per la gestione del protocollo informatico, dei flussi documentali e degli archivi, Regolamento per la valorizzazione e promozione del demanio lacuale – autorita’ demaniale di Como.
Del Regolamento per l’installazione delle antenne sul territorio comunale non c’é traccia.
Non basta. Era il 15 maggio 2001 quando la Regione Lombardia pubblicò sul BURL la legge regionale 11 maggio 2001, n. 11, «Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione».
Secondo l’articolo 4 della legge regionale (Livelli di pianificazione):
Nella seduta dell’11 dicembre 2001, la Giunta regionale della Regione Lombardia ha emanato la DGR n. VII/7351, ossia i criteri per l’individuazione delle aree nelle quali è consentita l’installazione degli impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione e per l’installazione dei medesimi, ai sensi dell’art.4, comma 2, della legge regionale 11 maggio 2001, n.11.
Il regolamento dice, tra l’altro che si dovrà valutare l’inserimento dei manufatti nel contesto con riferimento alle norme e dagli indirizzi del Piano Territoriale Paesistico Regionale, con particolare considerazione:
Il regolamento dice altresì:
Che nel 2011 ci vengano a dire che ci si é divisi i compiti, scusate, ma francamente fa un po’ ridere (non siete un attimino in ritardo?). Mentre non fanno ridere, ma arrabbiare, tenuto conto di quanto dispone la legge nazionale e quella regionale, le affermazioni secondo cui:
Ma del fatto che in quasi dieci anni non abbiate neanche pensato di adottare questo benedetto regolamento, niente?
Venerdì 28 maggio, presso la Sala Stemmi del Comune di Como, si é svolta la Conferenza di valutazione del Rapporto Ambientale relativa alla VAS del PGT e volta ad acquisire i pareri, le valutazioni ed i contributi di Enti ed Associazioni interessati a vario titolo al procedimento amministrativo in atto. Erano presenti:
Erano inoltre presenti:
Il sindaco di Como, dott. Stefano Bruni, l’autorità procedente Dott. Alessandro Russi, l’autorità competente Ing. Roberto Laria, il Coordinatore scientifico Prof. Pier Luigi Paolillo.
Il Rapporto Ambientale–stato iniziale dell’ambiente ed indicazioni per la pianificazione del territorio– é stato redatto dal settore Pianificazione della Provincia di Como ed é stato presentato dalla dott. Paolillo e dal dott. Cantini dell’Amministrazione Provinciale di Como
Il Rapporto Ambientale é ancora nella sua fase intermedia e sarà, quando completato, oggetto di un’ulteriore Conferenza che si terrà in autunno.
Terminata la presentazione del rapporto, evidenziati i principali dati ambientali che descrivono la qualità dell’Ambiente del Comune di Como, il dott. Russi ha aperto il dibattito.
Qualche tempo fa avevamo lanciato sul nostro sito cinque azioni per migliorare, da subito, la qualità della vita a Como. Cinque piccole mosse che non richiedono grandi risorse ma soltanto un impegno forte e, soprattutto, la convinzione che le cose possano cambiare. Per noi, per i nostri figli, per tutti. Ne avevamo inizialmente individuate due (parco della valle del Cosia e lavatoi).
In vista delle osservazioni preliminari al Piano del Governo del Territorio, ne abbiamo aggiunta una (mobilità ciclabile) e il 28 settembre 2009 abbiamo protocollato presso Comune di Como il documento dal titolo ^Suggerimenti e proposte de La Città Possibile Como al redigendo Piano di Governo del Territorio del Comune di Como, ai sensi dell’articolo 13, c. 2, della legge regionale n. 12 del 2005^.
30 pagine e 16 tavole in formato A3: un lavoro importante e complesso, che abbiamo cercato di rendere il più comprensibile possibile: il documento è oggi disponibile nel testo integrale (tavole comprese) sul sito di Città Possibile.
Ne parleremo l’11 novembre all’Osteria del Gallo, ore 21:00, quando lo presenteremo alla città.
Siete tutti invitati.
Faccio una cosa che in genere non faccio mai: copio e incollo dal sito de La Stampa un articolo di Barbara Spinelli sull’emergenza, segnalatomi da Cesara Pavone, per il timore che possa andare perso.
19/4/2009
La nostra infinita emergenza
di Barbara Spinelli
fonte: http://www.lastampa.it/
link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=40
Sono ormai anni che viviamo nell’emergenza, e quasi non ci accorgiamo che ogni mossa, ogni parola detta in pubblico, ogni sopracciglio intempestivamente inarcato, son sottoposti a speciali esami di idoneità, che mescolano etica e estetica, dover essere e presunto buon gusto. La mossa, la parola, il sopracciglio, devono adeguarsi all’ora del disastro: sia esso attentato terroristico o ciclone, tsunami o terremoto. Chi rompe le righe si copre di colpe, prestamente censurate. Vergogna e indecenza sono il marchio impresso sulla fronte di chi non ha tenuto conto del perentorio buon gusto. L’emergenza è diventata una seconda pelle delle democrazie, e per questo non ci accorgiamo quasi più dell’anormale convertito in normale: delle libertà che per l’occasione vengono sospese, dell’autonomia di giudizio che vien tramutata in lusso fuori luogo.
È un po’ come il corno che cresce d’improvviso sulla fronte di tutti i concittadini di Bérenger, protagonista dei Rinoceronti di Ionesco: arriva il momento in cui la protuberanza è talmente familiare ed estesa che chi non la possiede si sente un reietto, e lo è. Anche durante il terremoto in Abruzzo è stato così, e questo spiega lo scandalo assolutamente abnorme generato da una trasmissione televisiva – Anno Zero di Santoro – che era un po’ diversa dalle altre perché fondata sulla denuncia polemica: dell’organizzazione dei soccorsi, e soprattutto della secolare commistione fra affari, corruzione, malavita, edilizia.
Indecente è stata definita la trasmissione, perché questa non era ora di far scandalo: di «seminare zizzania con i morti ancora sotto le macerie, di descrivere l’Italia come il solito Paese di furbi, incapaci di rispettare ogni legge scritta e morale», ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della Sera, l’11 aprile. Lo spazio smodato dato su giornali e telegiornali all’evento è esemplare, perché conferma una malattia democratica diffusa. Incapaci di dominare eventi più grandi di loro, le democrazie vivono sempre più di emergenze, ne hanno bisogno esistenziale. A partire dall’ora in cui è pronunciata la frase fatale: «Questo non è il momento», già è stato di eccezione. In tempi normali è proprio questa l’ora delle controversie. Se non nel mezzo del disastro, quando farne l’archeologia e denunciare?
Non così in stato d’eccezione, quando è il regnante a decretare natura e vincoli del momento. La sua sovranità è essenzialmente sulla vita e la morte, e il momento è dunque quello delle bare allineate, del supremo dolore, del lutto vissuto nell’unanime afflizione. Grazie a questo momento si crea un’unità magica, propizia all’intensificazione massima della sovranità. Viene mobilitato anche l’Ecclesiaste: «C’è un tempo per demolire e un tempo per costruire». La Bibbia per la verità parla all’anima, ma nell’emergenza anima e politica si fondono. Assieme, esse giustificano lo stato d’eccezione che sempre esordisce con la soppressione, non si sa se davvero provvisoria, di libertà e abitudini alla critica vigenti in epoche di pace. Giorgio Agamben, che ha studiato tale materia, racconta come morte e lutto siano ingredienti dello stato d’eccezione sin da Roma antica: l’emergenza si chiamava iustitium, e in quei giorni veniva abolito il divieto di mettere a morte un cittadino senza ricorso a un giudizio popolare (Agamben, Lo Stato di eccezione, Torino 2003).
Stato d’eccezione o emergenza sono in realtà imbellimenti di quel che effettivamente accade, camuffano lo stato di guerra: per l’Oxford English Dictionary, sono suoi sinonimi, eufemismi. È in guerra che i comportamenti liberi, biasimatori, son ribattezzati disfattisti. Nell’emergenza guerra, disastro e morte richiedono un dover-essere e un dover-dire. È a questo punto che lo stato di eccezione si tramuta in regola, e il sistema giuridico politico in «macchina di morte». La morte fa tacere il popolo e al tempo stesso nutre il sovrano. È il grande correttore, regolatore: non dici cose scomposte davanti a una salma, anche se veritiere. Il potere usa la morte: diviene necrofago. L’uomo colpito da catastrofe è ridotto a vita nuda e quest’ultima sovrasta la vita buona, prerogativa di chi tramite la politica e la libera opinione esce dalla minorità. La nudità politica, scrive Hannah Arendt nelle Origini del Totalitarismo, può esistere anche senza diritti civili.
Il fenomeno non è nuovo, Agamben lo spiega molto bene. I giorni dello iustitium sono anche i giorni in cui si celebra il lutto del sovrano. Leggi e libertà non sono abolite ma sospese, perché l’essenza del potere (potere di vita e di morte) non appaia vuoto. Da allora ogni disastro, naturale o terrorista, è occasione di affermare tale essenza. Di mettere in scena non il morire o il multiforme soffrire dei cittadini, ma la possibile morte del sovrano e della stessa politica. L’unità si fa non attorno alle salme ma al sovrano, il quale dice: «Sono io in causa, e la vera posta in gioco è la dilazione della mia messa a morte, l’anticipazione rituale del lutto della mia persona».
Nella storia della democrazia c’è anche questo: l’eccezione che cessa d’esser tale, facendosi regola. Che non proclama più giorni di lutto, ma epoche. Tutto è guerra, in permanenza si tratta di riconfermare il sovrano unendo il mio col suo, la solidarietà emotiva di cui ho bisogno io e quella di cui necessita lui. L’idea che tale sia la guerra moderna nasce nel ’14-’18, ed è teorizzata da uno dei suoi protagonisti, Erich Ludendorff, nella Guerra Totale scritta nel 1935. Nella guerra democratica totale scompare la distinzione tra fronte e retrovia, militari e civili (Heimatfront è la fusione hitleriana – animista, dice Ludendorff – tra fronte e patria). Il governo delle emozioni permette di metter fra parentesi libertà e norme, e in questo ha le stesse funzioni della violenza fuori-legge. Il giornalista che aderisce agli imperativi di tale emergenza distrugge il proprio mestiere.
Nei disastri c’è chi soffre, chi governa, chi racconta (messaggero nella tragedia antica, giornalista oggi) e chi indaga rammentando. Ogni ambito ha un suo dover-essere, una sua autonomia. Se la priorità per il messaggero sono i sofferenti, si racconterà tutto quel che essi provano: gratitudine ma anche rabbia, sollievo per i soccorsi e ira suscitata da uno Stato complice di speculazioni edilizie. Chi ha letto Gomorra, ricorderà quel che Saviano scrive nel capitolo sul cemento armato, «petrolio del Sud», a pagina 235-236: «Tutto nasce dal cemento. Non esiste impero economico nel Mezzogiorno che non veda il passaggio nelle costruzioni: appalti, cave, cemento, inerti, mattoni, impalcature, operai… L’imprenditore italiano che non ha i piedi del suo impero nel cemento non ha speranza alcuna. È il mestiere più semplice per far soldi nel più breve tempo possibile.… Io so e ho le prove. So come è stata costruita mezza Italia. E più di mezza. Conosco le mani, le dita, i progetti. E la sabbia. La sabbia che ha tirato su palazzi e grattacieli. Quartieri, parchi e ville. A Castelvolturno nessuno dimentica le file dei camion che depredavano il Volturno della sua sabbia… Ora quella sabbia è nelle pareti dei condomini abruzzesi, nei palazzi di Varese, Asiago, Genova».
L’emergenza, come la guerra, ha sue leggi speciali. Non sono le leggi della dittatura, perché la dittatura crea nuove leggi. Lo stato d’eccezione permanente è più insidioso: non instaura regolamenti nuovi, ma sospende leggi e libertà creando vuoto legale, anomia. L’Ecclesiaste a questo punto non è parola di Dio, ma decreto del sovrano che assieme al giornalista-messaggero invoca unanimismo. Il giornalista nega se stesso, quando consente a mettere sullo stesso piano gli abusi dell’edilizia e gli «abusi di libertà» di chi punta il dito su tali abusi: invece di vigilare, giustifica – per sé e i concittadini – lo stato d’eccezione.