Basta fatti vogliamo promesse
3/3/2010 – Basta fatti vogliamo promesse MARIO CALABRESI Dove sono finite le idee, i progetti, i programmi, i sogni o anche le affabulazioni che la politica dispensava a piene mani prima di ogni elezione? Scomparse. Inghiottite da un malessere diffuso, da una cupezza che sembra aver coperto tutto. Le giornate sono scandite dagli scandali, dalle risse intestine e dalla sciatteria. La campagna elettorale esprime pochissima passione e nessuna energia, prigioniera della stanchezza e del risentimento. Il fallimento della macchina organizzativa del primo partito italiano, incapace di presentare in Lombardia e nel Lazio liste rispettose dei regolamenti, racconta molto dei tempi che stiamo vivendo. Ci racconta come anche nelle incombenze più semplici e ordinarie sia venuta meno la capacità di fare le cose per bene, con rigore e attenzione. Il peggiore dei contrappassi per una forza che era nata promettendo la politica del fare e il trasferimento nella sfera pubblica dello spirito imprenditoriale.
Viene da chiedersi dove sia la testa dei nostri politici e che cosa li distragga. Sembrano essere concentrati in lotte fratricide, intenti a controllarsi e a cercare di piazzare una pedina fondamentale in vista di una resa dei conti che però non pare imminente. A livello locale si assiste a uno spettacolo ancora più squallido con le seconde file impegnate a strappare qualche posizione nelle liste o a rinfacciarsi la paternità di un candidato impresentabile.
È difficile immaginare che questa trascuratezza, questi veleni e questo pressappochismo possano poi trasformarsi in illuminata capacità di governo. La politica oggi sembra tornata sideralmente lontana dai problemi reali e chiedere conto dei programmi sulla sanità, le tasse o la sicurezza appare quasi naïf.
La sciatteria è figlia anche dell’arroganza e del disinteresse, due sentimenti che connotano chi si sente troppo forte, intoccabile, senza opposizione e senza alternativa. Non è un caso che gli incidenti delle liste siano accaduti in due regioni che il centrodestra considerava già vinte e non in discussione. Un eccesso di confidenza che non si è registrato, ad esempio, in Piemonte, dove la partita è aperta e la sfida non consente errori e distrazioni, tanto che, a tratti, si sente anche parlare di politica e di programmi.
Anche a livello nazionale si sente la mancanza di un’opposizione che tenga alta la tensione, che spinga chi governa a conquistare consenso ogni giorno invece di perdere tempo a spegnere programmi televisivi e a cercare silenzi complici.
Come in ogni fase di sfarinamento e di difficoltà è partito l’esercizio delle previsioni: si scruta Palazzo Chigi per capire se tutto questo sfocerà in una crisi, se una stagione della politica italiana volge al termine. Mi pare un esercizio sterile: oggi non sembra esistere una possibile alternativa di governo pronta e vincente e questa volta non si riesce a vedere chi abbia la forza o la voglia di far cadere il Cavaliere. La Lega – l’unico partito con i numeri per fare la differenza – si è sistemato nella posizione ideale per intercettare gli scontenti e per approfittare della crisi della Seconda Repubblica come fece con quella della Prima. Bossi non ha nessun interesse a cambiare cavallo e precipitare le cose, visto che le disgrazie altrui non fanno che rafforzarlo. Aspetterà il naturale evolversi delle cose, cercando nel frattempo di assicurarsi il controllo del Nord, puntando a governare Veneto e Piemonte.
Si dice da mesi che gli ultimi tre anni della legislatura, un periodo insolitamente lungo senza nessun appuntamento elettorale nazionale, potrebbero essere una grande occasione per fare riforme. Ma non si capisce quali e guidate da quale visione. Però non è immaginabile pensare di vivere 36 mesi in cui la politica si prepara soltanto ad un ipotetico dopo-Berlusconi.
L’unica certezza è che avremmo bisogno di molto più dibattito, di proposte, idee e parole e di molti meno silenzi. Non è blindando tutto che si riconquista la fiducia degli elettori, una fiducia che sta scendendo ai livelli più bassi: i cittadini sembrano aspettarsi qualunque cosa o forse sarebbe meglio dire che non si aspettano più niente dalla politica. E questa è la cosa che allarma di più. Viene da rimpiangere quell’ironica richiesta scritta con la vernice pochi anni fa su un muro di Brescia: «Basta con i fatti, vogliamo promesse».
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