Spazio ai giovani
Una bella pretesa
I giovani non hanno spazi. Hanno asili, hanno scuole, hanno discoteche suvvia che cosa vogliono di più? Quali e quanti altri spazi pretendono? E per farne cosa? Luoghi ove depositare macerie di istruzione? Antri dove nascondere vecchi vizi? Perimetri nei quali rinchiudere eterne immondizie? Volumi vuoti pieni di cioè? Niente di personale – s’intende – ma i cosiddetti “Spazi giovanili” non sono un gran modello di efficienza, di concretezza o di elaborazione cultural-sociale. Sono spazi e questo – si suppone – basta sia a chi li chiede sia a chi li dà. Ai giovani è sufficiente averli e agli adulti (dopo infinite tiritere) concederli serve per dimostrare apertura (mentale), capacità d’intenti, senso democratico, spirito di novità e attenzione. Balle! I giovani vogliono spazi dagli adulti (e massimamente dagli amministratori pubblici) per una questione di principio (generazionale, si potrebbe dire) e senza mai presentare un vero “progetto” d’uso: troppo impegnativo elaborare qualcosa che poi – prima o dopo – si dovrà mantenere. “Vogliamo fare musica” dicono anche se nessuno veramente sa suonare oppure: “Vogliamo esprimere la nostra creatività” o anche: “Per relazionarci fuori dagli schemi consueti” sono “concetti” che stanno alla base di molte richieste. Si capisce che la sostanza non è quella; che la domanda non è genuina; che la pretesa è un’altra e procede da quella vecchia concezione del rapporto tra cittadino (giovane) e la (vecchia) pubblica amministrazione: pretendere. Lo spazio concesso per meriti d’età non deve essere un diritto e soprattutto non deve diventare uno spreco perché costa e perché, distribuendolo a casaccio o sotto la spinta di una situazione contingente, diventa uno spreco. Magari potrebbe essere – e meglio – destinato ad altri. La violenza delle richieste (vogliamo!) e la demagogia delle risposte (ecco… figlioli) rivelano un rapporto sterile, diseducativo, inutile. Del resto, se ci fosse veramente un bisogno (per suonare, dipingere, cantare, ballare…) un giovane intelligente lo spazio lo trova da sé; se ci fosse una politica intelligente gli spazi esisterebbero numerosi e già da tempo occupati. Ma queste due “intelligenze” non fanno parte della stessa linea e il cerchio – purtroppo non si chiude.
di Gerardo Monizza
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