Le mostre di Como: frutto della «mostrite»? Un lettore scrive alla Provincia
Cara Provincia, non mi sembra che le “mostre” che si sono tenute a Como possano, al di là del nome, considerarsi come mostre d’arte. La mostra d’arte si caratterizza per una forte impronta culturale, diretta ad illustrare un dato artistico, nella complessità della sua attività e delle sue opere, un dato momento o movimento artistico in un luogo o in un’epoca storica. A Como ricordo nell’immediato dopo-guerra la mostra su Bernardino Luini, più tardi la mostra del pittore americano Congdon (che in Lombardia ha trovato, con la fede, la sua massima espressione artistica), mostra la cui valenza culturale è ancora oggi viva nelle citazioni dei vari testi in materia.
Le cosiddette “grandi mostre” di recenti impianti a Como non hanno nulla di culturale, trattandosi della semplice trasposizione a Como di raccolte molto parziali e limitate di alcuni moderni, o dell’affitto di alcuni quadri da parte di musei-bisognosi di denaro- senza alcuna preparazione e approfondimento culturale. Sono, cioè quelle di Como, il frutto della “mostrite” (dall’indubbio doppio significato), come è stato autorevolmente definita la mania, soprattutto dei piccoli Comuni, di darsi una pseudo veste culturale, facendo “mostra” di tutto e di tutti, senza alcuna “intelligenza” nel “capire” e nel fare capire ciò che si mostrava. Di ciò approfittano musei e raccolte che affittano alcune loro opere, al fine di avere degli introiti; sul mercato di tali offerte ce ne sono parecchie e non c’è proprio bisogno di girare il mondo (in prima classe) per conoscerle.
A mio parere, perché una mostra d’arte sia tale e riscuota interesse più vasto di quello casalingo (cittadini e normali visitatori della città, che non portano benefici indotti di sorta) e abbia una risonanza tale da attirare, in virtù propria, dei visitatori, deve essere frutto di un disegno culturale di un certo impegno e di una adeguata preparazione, non necessariamente rivolta a grandi nomi. L’esempio di Bergamo e Brescia, con la valorizzazione degli artisti locali, è da seguire.
A Como, basta dare uno sguardo alla nostra storia (ovviamente si deve – da comasco – amare il nostro territorio) e scegliere quale tematica, con impegno, intelligenza e – forse- con minori costi finanziari, affrontare e proporre.
Mi creda cordialmente suo
Prof. Enrico Bernasconi
La Provincia del 29 giugno 2008
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