Le meraviglie della tecnologia: una app per segnalare il degrado cittadino

Le meraviglie della tecnologia: una app per segnalare il degrado cittadino

Il progetto Decoro Urbano
http://www.decorourbano.org/

Un programma per contrastare il degrado cittadino? Certo, è proprio a questo che serve Decoro Urbano, un’ottima idea nonché un utilissimo servizio gratuito che consente di segnalare, sia da PC, che da smartphone Android o iPhone, tutte quelle situazioni che concorrono a rendere meno vivibile il territorio che ci circonda.
Le segnalazioni inviabili, previa registrazione, possono riguardare rifiuti, segnaletica mancante o errata, dissesti stradali, atti di vandalismo o incuria, degrado di zone verdi, affissioni abusive ed altro ancora. Le segnalazioni compaiono sulla mappa e sono immediatamente visibili e condivisibili online. Tutti i Comuni che lo desiderano, possono inoltre aderire al network diventando “Comuni Attivi“, ottenendo un accesso riservato che consente loro di modificare lo status delle segnalazioni quando i problemi vengono risolti e aggiornare in tempo reale gli utenti interessati. L’adesione per le amministrazioni pubbliche è gratuita e il progetto è stato realizzato senza alcun finanziamento, come servizio per la comunità.

Decoro Urbano per Android Decoro Urbano per Android Decoro Urbano per Android Decoro Urbano per Android Decoro Urbano per Android

Fonte: http://www.mobileblog.it/post/16855/decoro-urbano-un-freeware-per-segnalare-il-degrado-cittadino-su-android-e-iphone?utm_source=newsletter&utm_medium=mail&utm_campaign=Newsletter:+mobileblog/it+%28mobileblog%29 

Decoro Urbano per ora é solo su Android e iPhone. Como non ha ancora segnalazioni. Ma qualcosa mi dice che scaleremo presto la classifica.


Invece del city manager …

Invece del city manager …
Invece del city manager da 200 e passa mila euro … può essere un’idea. Dal sito del Corriere.it.

Facilitare la vita a chi già incontra troppi ostacoli:a questo serve la figura del disability manager

Barriere architettoniche: un problema ricorrente per i disabiliMILANO – Medici, architetti, ingegneri, rappresentanti di associazioni di volontariato ed enti locali: insieme per facilitare la vita a chi ogni giorno incontra già troppi ostacoli. Una professione loro già ce l’hanno, ma hanno acquisito competenze di “disability manager” frequentando l’anno scorso un corso di perfezionamento all’Università Cattolica di Milano . Così hanno deciso di costituire la Società italiana di Disability Manager, SIDiMa nel corso del primo convegno nazionale organizzato di recente  a Gorgo al Monticano dall’Ospedale riabilitativo di alta specializzazione di Motta di Livenza , prima struttura sanitaria in Italia ad assumere un disability manager, l’architetto Rodolfo Dalla Mora. E proprio l’esperto di progettazione accessibile è stato eletto presidente della neonata Società.

DIRETTORE D’ORCHESTRA – «Il disability manager è quel professionista con competenze specifiche che sa trovare soluzioni “su misura” per chi non ha l’autonomia o l’ha persa», chiarisce Dalla Mora. Aggiunge Adriano Pessina, responsabile del centro di ateneo di bioetica e ordinario di filosofia morale all’Università Cattolica di Milano: «Non esistono bisogni speciali per disabili, ma uomini che hanno bisogno di mezzi straordinari per soddisfare come tutti esigenze ordinarie, quali l’istruzione, la mobilità, il lavoro». E il «direttore d’orchestra» cerca di mettere in connessione le diverse realtà esistenti sul territorio: figure professionali, servizi, enti locali, associazioni.
LIBRO BIANCO – Il disability manager nel nostro Paese stenta però a decollare, sebbene sia previsto per i Comuni che superano i 50mila abitanti dal Libro Bianco su “Accessibilità e Mobilità Urbana. Linee Guida per gli Enti Locali”, curato dal tavolo tecnico istituito tra ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Comune di Parma e associazioni che rappresentano le persone con disabilità.
«Sarebbe necessario – sottolinea Matilde Leonardi, coordinatrice del comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla disabilità e responsabile dell’unità operativa di Neurologia, salute pubblica e disabilità dell’Istituto Besta di Milano -. Spesso gli interventi sul territorio sono attuati in modo frammentario, senza un piano integrato. Non si tiene conto, poi, della Classificazione ICF (l’International Classification of Functioning, Disability and Health), proposta dalle Nazioni Unite. Per esempio – continua Leonardi – , due persone che soffrono entrambi del morbo di Parkinson e abitano al 4° piano, la prima isolata, senza ascensore e senza familiari, l’altra invece in uno stabile con ascensore e  caregivers, hanno una disabilità diversa, perché sono differenti le condizioni ambientali».
UNIFORMARE LE POLITICHE – «Favorire la diffusione di questa figura strategica per uniformare le politiche di abbattimento di tutte le barriere, fisiche e culturali, che escludono o discriminano le persone con disabilità è l’obiettivo di SIDiMa – spiega Dalla Mora – . La neonata Società si propone come interlocutore di istituzioni ma anche di associazioni di volontariato e di persone con disabilità. E, per rendere attuative le linee guida del Libro bianco, chiediamo di entrare a far parte dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, presieduto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali».
ALCUNE ESPERIENZE – In alcuni comuni, come quello di Parma e Montesilvano il disability manager è un’esperienza ormai collaudata, ma si tratta di realtà a macchia di leopardo. «Occorre dare impulso alle linee guida tracciate dal Libro bianco, rendendo la figura del disability manager obbligatoria in tutti i Comuni – sottolinea Claudio Ferrante, disability manager che coordina l’Ufficio DisAbili del comune di Montesilvano – . Spesso dobbiamo ancora affidarci alla buona volontà dell’amministratore sensibile, mentre si continua a costruire con barriere nonostante le leggi che lo vietino. Vanno poi istituiti gli albi qualificati previsti dal Libro Bianco, per evitare che ci si improvvisi “disability manager”: servono professionisti con competenze specifiche, acquisite grazie a un percorso di formazione serio».
ANCHE IN STRUTTURE SANITARIE – Il disability manager esiste anche in strutture sanitarie. Si va dallo “Sportello Senza Barriere” dell’ospedale riabilitativo Motta, che dal 2007 svolge circa 300 consulenze l’anno per privati e comuni, di cui il 90% per interventi di adeguamento degli ambienti domestici, a un centro di riabilitazione umbro per bambini cerebrolesi che ha avviato “percorsi facilitati” insieme a medici di famiglia e ospedalieri per agevolare l’accesso ai servizi sanitari di persone con disabilità complessa. Dice Gianfranco Castellani, responsabile medico del Centro Speranza: «Un ragazzo autistico che non riesce a descrivere i sintomi, in attesa al pronto soccorso può sfasciare tutto. È difficile poi fare un prelievo di sangue a una persona che si dibatte e cerca di morderti e quasi impossibile eseguire un’ecografia addominale decente senza doverla tenere almeno in tre. Da qui la necessità che i medici sappiano relazionarsi con un paziente che ha una disabilità complessa».
IN AZIENDA -«Il disability manager serve anche in azienda, soprattutto in quelle di grandi dimensioni», afferma Consuelo Battistelli, che si occupa di consulenza nel public sector in IBM, seguendo in particolare progetti di accessibilità. «La legge Stanca – sottolinea Battistelli – doveva favorire l’accesso agli strumenti informatici e ai siti web, ma ad oggi solo il 4% dei siti pubblici è accessibile. Per chi ha una disabilità visiva, poi, non sono affatto accessibili i social network, come facebook, che pure sono nati per consentire di relazionarsi con gli altri. Potrebbero essere ridisegnati con alcuni accorgimenti meno strutturati da un punto di vista visivo».
NEL VOLONTARIATO – In provincia di Novara Roberta Fornara partecipa come volontaria al progetto di integrazione scolastica “Calamaio”. «Non udenti, non vedenti, malati di Sla incontrano i bambini per spiegare la disabilità – dice – . L’intento del progetto,  nato all’interno del centro documentazione handicap di Bologna e ideato da persone con disabilità, è quello costruire fin dai banchi di scuola una cultura del superamento dell’handicap, inteso come difficoltà che ci accomuna tutti e che si può ridurre a partire dalla consapevolezza dei propri limiti e delle proprie risorse». E all’Inail, Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro , Margherita Caristi mette a disposizione le competenze acquisite come disability manager per «favorire l’inserimento di chi ha avuto un infortunio sul lavoro nella vita sociale e di relazione». 

Maria Giovanna Faiella
10 luglio 2011
Fonte: www.corriere.it  


Con i privati il risultato é garantito: la nuova leggenda metropolitana

Con i privati il risultato é garantito: la nuova leggenda metropolitana

Avevamo gli alligatori nelle fogne, il lancio di vipere da elicotteri, le scie chimiche, l’autostoppista fantasma, il cagnolino messicano, il tronchetto della felicità con annesso ragno gigante. Non ci bastavano. All’elenco delle leggende metropolitane La Provincia di Como del 26 giugno 2011 ha sentito il bisogno di aggiungere quella secondo cui ^Con i privati il risultato é garantito^ [pdf]. Quello che conta é il dunque, scrive La Provincia, e quindi va dato atto ai privati che hanno messo mano, sia pure in via provvisoria, al lungolago di Como, di aver messo in piedi un’operazione “aggraziata, pulita, ordinata, colorata e allegra persino“. “E ne ricaviamo anche una morale”, continua La Provincia. Ossia che “quando a metterci la faccia é un privato, che pochi o tanti che siano mette di suo anche il denaro, il risultato nove volte su dieci é garantito“. Se é possibile sorvolare sull’uso della prima persona plurale – dove il parlante o si riferisce a se stesso in modo enfatico (“Noi, papa Giovanni XXIII …”) o ad una categoria (ma bisognerebbe sapere se i categorizzati sono d’accordo con il categorizzante) – colpisce la pericolosa generalizzazione secondo cui ^il privato è meglio del pubblico^. Primo perché, come tutte le generalizzazioni, é sbagliata. Secondo perché, nella misura in cui proviene da un medium riconosciuto, autorizza il destinatario a fare sua un’opinione altrui spacciandola per dato oggettivo (quello che fa il TG4 di Emilio Fede). Terzo perché é curioso che un giornale, che dovrebbe fare del riscontro il proprio credo quotidiano, ignori la complessità della realtà dove la differenza tra buono e sbagliato non sta nel soggetto ma nel processo. I dati ci dicono che l’eccellenza nella scuola materna sta nel pubblico, non nel privato, ridotto a baby parking, che l’eccellenza delle scuole superiori sta nel pubblico, non nel privato, spesso ridotto a esaminificio. Qualche anno fa ho pubblicato i risultati di uno studio nella implementazione delle nuove tecnologie nei processi di trasformazione territoriale. La conclusione é stata che i risultati migliori, riconosciuti dallo stesso Ministero, li aveva ottenuti un Comune della Provincia di Milano che aveva gestito i processi di partecipazione in proprio, senza affidarsi a consulenti esterni, anche di grido, come gli altri nove enti esaminati avevano fatto (v. nota). Potevo concludere che l’eccellenza in materia sta, sempre, nel pubblico? No. E allora perché per un ^cerotto verde^, come l’ha definito un giornalista dello stesso giornale, messo su un cantiere irrisolto bisogna far credere alla gente che ^privato buono, pubblico cattivo^?

L’articolo ^Con i privati il risultato é garantito^ (La Provincia, edizione di Como, 26 giugno 2011) é scaricabile in formato pdf a questo indirizzo: http://www.cittapossibilecomo.org/doc/bardaglio.pdf .
  

Nota
Processi di trasformazione territoriale e nuove forme di partecipazione, Territorio, Rivista trimestrale del dipartimento di architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano, n. 47 (Franco Angeli, Milano, 2008, ISSN 1825-8689). La versione integrale in pdf é scaricabile qui. Una versione on line é disponibile a questo indirizzo http://www.webimpossibile.net/08/8.5.08.htm.


Two face

Two face

La Provincia, edizione di Como, Lunedì 13 giugno 2011


Festa dei popoli a Como, il Duomo si tinge di colori

Capiago, brindisi leghista per il non arrivo dei profughi
Il vescovo Coletti: rifiutare la diversità è sintomo del male; nel nostro cuore facciamo spazio ai problemi di tutti. Iniziativa voluta per festeggiare il mancato utilizzo dell’ex caserma per l’accoglienza agli immigrati. «Per qualcuno è un brindisi fuori luogo? Non farei polemica su un aperitivo – spiega l’onorevole Nicola Molteni – Festeggiamenti? Credo sia giusto. Siamo orgogliosi di aver sostenuto il no ai profughi»


Via al cantiere delle paratie di Como, tre anni per rifare il lungolago

da CiaoComo.it
url: http://www.ciaocomo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=6455&Itemid=64

martedì 08 gennaio 2008

Parte ufficialmente oggi ed andrà avanti per quasi tre anni. Tanto sarà il tempo necessario per completare il cantiere delle paratie anti-esondazione di Como. Il via ufficiale proprio oggi dopo che, in una conferenza stampa, sindaco Bruni ed assessore Caradonna hanno confermato la validità del progetto. Il primo cittadino ha certato subito di rassicurare Como ed i comaschi:”Comprendo la preoccupazione diffusa della gente, ma voglio rassicurare tutti. Non ci saranno disagi ed i lavori saranno costantemente monitorati. La ditta appaltatrice è seria. Siamo fiduciosi. Partiano sotto i migliori auspici“.

Il cantiere, che prevede il rifacimento e l’allargamento della fascia a lago di Como dai giardini fino a piazza Matteotti, durerà 3 anni e sarà suddiviso in tre lotti specifici. La passeggiata sarà allargata fino a 21 metri e le rive alzate di 70 centimetri per poter difendere Como dalle esondazioni del Lario. Non solo: previsti anche nuovi arredi, verde ed illuminazione. Nel sottosuolo prevista anche una nuova rete fognaria. Le paratie saranno a scomparsa (nel senso che non si vedranno dalla passeggiata) e costeranno circa 50.000 euro all’anno di manutenzione. I soldi del finanziamento (15 milioni di euro) arriveranno a Como dalla Regione.

Quando si dice la sfortuna …


Ul pancùn!

Ul pancùn!

[…] In pratica le cosiddette “paratie a ventola” (illustrate anche nei cartelloni affissi sul cantiere) saranno sostituite da lastre di alluminio, ciascuna alta 30 centimetri e lunga 3 metri da appoggiare manualmente. Tecnicamente nessuno sa come sono fatti ed è stato affidato dal Comune un incarico ad hoc per la loro progettazione, visto che non esistono sul mercato. Più di 500 di questi panconi saranno tenuti in appositi magazzini […] e posizionati utilizzando apposite guarnizioni nei vecchi parapetti in ferro modificati. A montarli saranno squadre di operai e l’idea è quella di creare un muro di alluminio per fermare l’acqua.

La Provincia, 6 maggio 2011

Dicesi pancone un manufatto la cui funzione é quella di intercettare e/o deviare un flusso d’acqua in un canale o in un bacino. Tale operazione è eseguita manualmente o con mezzi di sollevamento esterni. Il pancone può essere costruito in un unico pezzo od essere composto da più elementi che vanno inseriti uno dentro l’altro fino a raggiungere il livello desiderato.

Se facciamo bene i conti, 500 panconi lunghi 3 metri danno un serpentone di 1,5 km. Come li portano? Con 500 trattori? Aggiungiamo la lunghezza dei trattori e i carrelli. Diciamo che parliamo di circa 7 metri. Facciamo anche che ne portino 5 alla volta. Parliamo di un serpentone di 700 metri. Utilizzando Google Hearth, parliamo di un’unica fila che partendo da piazza Croggi arriva fino al civico 109 di viale Lecco (il fiorista per intenderci). E se non abbiamo abbastanza trattori? Li andiamo a prendere un po’ alla volta? L’articolo de La Provincia spiega che “tecnicamente nessuno sa come sono fatti ed è stato affidato dal Comune un incarico ad hoc per la loro progettazione, visto che non esistono sul mercato. Più di 500 di questi panconi saranno tenuti in appositi magazzini (non si sa ancora quali)“. E quanto ci vuole a montare uno di questi ^panconi^? Ragionevolmente, l’unico modo di montare questi panconi é uno solo. Ossia con l’aiuto, entusiasta, della cittadinanza. Andiamo a spiegarlo:

  1. la Regione rileva il fatto che é a scarso di grana;
  2. un apposito comitato anti-crisi (generalmente detto ^Task Force^. Il golfino blu stile Bertolaso con la bandierina italiana é fornito d’ordinanza) si riunisce e decide che tra le varie alternative c’é anche quella di incrementare il livello del lago per vendere un po’ di acqua agli agricoltori;
  3. a questo punto viene allertato il Consorzio dell’Adda, il quale provvede a limitare notte tempo la chiusa di Olginate;
  4. alla mattina i comaschi si svegliano e passando per il lungo lago (a villa Geno o a villa Omo perché altrimenti non si vede niente) esclamano: ^Oh, caspita! Ma guarda come é alto il lago!^ (solo il vero comasco si accorge che il lago é salito);
  5. l’ing. Viola immediatamente (oddio …) allerta l’ing. Ferro, il quale, indossato il gessato di rito, avvisa il Sindaco il quale chiede un parere all’avv. Fabiano;
  6. ricevuto il parere dell’avv. Fabiano e accertato che nessuno è in grado di comprendere i numerosi broccardi giuridici utilizzati, il Sindaco schiaccia un bottone rosso posto sotto la sua scrivania;
  7. a questo punto numerosi altoparlanti diffusi per la città lanciano la sirena di allarme al grido ^Questa non è un’esercitazione!^. Come nel film l’Aereo più pazzo del mondo, su tutti i pannelli infotraffico (sui quali non c’é mai una sola informazione riguardante il traffico) comparirà la scritta ^NO PANIC^ subito seguita dalla scritta ^PANIC!^;
  8. tutti i cittadini di sana e robusta costituzione saranno tenuti a acquartierarsi sul lungo lago, dove attenderanno disposizioni; idem per i numerosi iscritti alla scuola dell’obbligo (se no che obbligo é?), esclusi quelli in visita alla G.M.d.T. (Grande Mostra di Turno) di Villa Olmo, i quali saranno obbligati a rientare alla Mostra, se usciti, al fine di mantenere costante il numero dei visitatori pur nel grave momento che attanaglia la città tutta;
  9. al grido dell’assessore Peverelli ^ciapa ul pancun!^, i cittadini si dirigeranno a passo spedito verso i segretissimi ricoveri, dove a gruppi di 12 verranno aggiogati a briglie che permetteranno il celere trasporto dei ^pancùn^ in loco;
  10. lì, istruiti da funzionari appositamente istruiti (é prevista diaria, innalzamento di carriera e premio economico di valutazione a fine anno), poggeranno i ^pancùn^ nelle “apposite guarnizioni nei vecchi parapetti in ferro modificati” (affermazione incomprensibile ma sappiamo che é in programma l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, motivo per cui la cosa non ci sconvolge più di tanto).

Facile prevedere che il pancùn entrerà nell’immaginario collettivo comasco. Soppianterà la resta nelle festività, e il bar Monti non tarderà a esporre piccoli pancùn dolciari. Così anche le edicole in piazza Cavour esibiranno piccole, medie e grandi riproduzioni in scala del pancùn, per la gioia del turista. Nemmeno l’Abbondino si salverà. Ogni anno premieremo i più meritevoli con il Pancùn d’oro. La posa dei pancùn richiamerà turisti da tutto il mondo, novella e popolana alternativa allo stucchevole spettacolo del cambio della guardia di Buckingham Palace. E finalmente ci gemelleremo con una qualsiasi città olandese fronte mare, inconfessato desiderio del tutto sommato rimpianto assessore Caradonna.


I Piani Regolatori della città di Como dall’Unità d’Italia ad oggi. E domani? Un centro storico senza più cintura di castità!

I Piani Regolatori della città di Como dall’Unità d’Italia ad oggi. E domani? Un centro storico senza più cintura di castità!

“Abbiamo levato la cintura di castità al centro storico”

Se si volesse badare al sodo anzi ai soldoni, si potrebbe sintetizzare così, con questa  colorita affermazione  del Prof. Paolillo, coordinatore scientifico del nuovo PGT , la cifra  del Convegno “I Piani regolatori della città di Como dall’Unità d’Italia ad oggi. E domani? “ svoltosi il 17 marzo, a Como presso la Sala Turca del Teatro Sociale, ma  non sarebbe corretto e farebbe torto all’esito   complessivo dell’incontro che la Confedilizia ha voluto, come detto in apertura dal suo presidente, Avv Bocchietti,   per tentare di colmare un vuoto di informazione sull’evoluzione del PGT .
Il Convegno è stato, infatti, ricco di contenuti e non poteva essere diversamente visti i relatori: Chiara Rostagno, funzionario della Soprintendenza per i  Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano già autrice di uno studio in due volumi sui Piani regolatori di Como; l’Avv. Lorenzo Spallino, docente di diritto urbanistico ed il Prof. Paolillo  ordinario di urbanistica al politecnico di Milano e,ora, gran sacerdote del redigendo PGT.
Dopo il  sindaco Stefano Bruni,  che saluta e ricorda che il PGT è uno strumento urbanistico completamente diverso dai vecchi piani regolatori, e ribadisce che questo sarà un Piano nel segno della sostenibilità, il dott. Longatti , apre ai relatori non prima però di aver posto l’accento sul fiorire in qs anni, di idee, anche singolarmente valide ( il campus universitario su tutte) ma non legate in un disegno coerente, quel disegno che ora si attende che emerga e che spieghi i principi su cui si basa il nuovo piano del governo del territorio.
Sono chiari invece, nell’esposizione della dott. Chiara Rostagno i principi che hanno mosso i precedenti piani, quelli che vanno dall’Unità d’Italia agli anni 60 del 900, giusto un secolo, su cui si sofferma e di cui traccia  la  relazione con la Storia, a partire da quello del 1864, ad unità d’Italia appena avvenuta quando anche i cittadini di Como si chiedono quali monumenti erigere in onore dei Reali, volendo essere Como una città regia sì ma con  il legittimo desiderio di configurarsi al contempo come città moderna, e scelgono, con il progetto Carminati di non erigere archi trionfali ma costruire opere utili come la nuova arteria che connetterà  due punti forti della città: il Porto, allora luogo di incontro  e scambio con l’alto lago e le regioni a Nord  e Porta Torre, la porta che volge verso  Milano.  Dopo  questo primo intervento, mentre la città incominciava ad espandersi verso oriente, con i quartieri borghesi intorno a via xx settembre, il viale della stazione, perno della viabilità futura e della città giardino che si espandeva e diventava adeguata alle nuove richieste di vivibilità,  seguirono,  opere, etiche ancor prima che estetiche, di ingegneria sanitaria, Le nuove ed aumentate richieste di vivibilità si concretizzeranno successivamente con la creazione di un parco pubblico a lago, lago che diventa, così come il nuovo verde pubblico,  luogo estetico aperto a tutti e non più solo riservato alle grandi fortune che risiedevano in villa con darsena. Il grande tema della riqualificazione interna della città continua ad essere presente   nei piani dei decenni successivi per  poi concretizzarsi pienamente, con la demolizione de la Curtesella” nel piano del ’37 vincitore del concorso per un Piano regolatore, un   momento straordinario nella storia di Como che le parole della dott. Rostagno ben rendono. “8 giovani architetti  che stravolsero il destino della città e dell’architettura  italiana: il  gruppo CM8, otto  ragazzi che si chiudono in 2 capannoni a lago e guardano con coraggio e disinvoltura la città, riservano al centro storico la cura del cesello …. Pensano una città che guarda fuori, una città nella città dentro e fuori le mura, preserva il centro storico e trova spazio per la modernità ma con contatto, la città definita per stratificazioni , una città ampia che supera i suoi confini amministrativi”.
Seguirono poi la variante del 1952 ed un  nuovo piano nel 1967 che ricalcava i  precedenti piani che si erano  presi carico della città e del suo sviluppo. Purtroppo il piano del 67 segnò una sconfitta, perché dopo un difficile travaglio venne stralciata ogni previsione per il centro storico.
La dott. Rostagno ferma a cinquant’anni fa il suo excursus sui piani regolatori di Como, troppo vicini ed attuali i successivi perché lo storico possa leggerli con il dovuto distacco.
E’ al contrario tutto incentrato sul presente, in particolare sui criteri ispiratori della L.R. 12/2005 e principi generali nella redazione dei PGT, l’intervento dell’Avv. Spallino che trovate integralmente  qui 
A sua volta, Il Prof Paolillo, non delude le attese e subito entra nella pancia del Piano, un Piano  con poco cibo perché  il Comune non ha una lira e lui ha dovuto acconciarsi a chiedere agli studiosi e ad alcuni professionisti, di cercare tra i loro saggi, e che glieli mandassero così che potessero essere inseriti come approfondimenti al Piano, un PiGTche ci ricorda, costa un terzo del costo stimato dagli ordini professionali per un lavoro  così complesso. Spiega poi che il Piano è a tutti gli effetti il Piano dell’Arch. Cosenza e che è infernale per durezza e preveggenza, ma concorda con l’Arch. sulla necessità  che il  Piano sia parsimonioso, che eviti di mettere mano alle risorse fisiche, al suo paesaggio. Ci spiega il Professore  che si è chiesto dove avrebbe potuto esercitare il proprio ludibrio … ahimè su ben poca parte del  territorio comunale, un piccolo 5% e per di più su un territorio gravato da ben 29 vincoli! Tra una digressione e l’altra, sull’urbanistica onnipotente degli ultimi quarant’anni e sulla città dispersa versus la città compatta, figlia della tradizione lombarda, il prof. Paolillo ci informa che ha dedicato ben 600 pagine alla città murata, migliaia di files, da cui ha tratto ipotesi che non può sviluppare  al momento ai presenti, ma anticipa che in città murata  sono 5previsti  gradi di “interventibilità”, ma non sono apodittici ed afferma che “ha levato la cintura di castità al centro storico” ma rifiuta che si dica che sta scardinando la città. Al contrario ogni progetto presentato dovrà avere in sé un alto grado di definizione e motivazione.
Aggiunge poi che questa città è da trasformare, rivitalizzare, incentivare, deve attrarre capitali e non essere parassita e che se questa città non avrà una reazione di orgoglio non saranno né le norme né i vincoli a far sì che ci si riesca. Fra due mesi il Piano sarà finito.
I consiglieri Saladino e Iantorno  chiedono poi ragguagli sulle periferie e lamentano lo scarso coinvolgimento della città nell’elaborazione del Piano, mentre l’ex assessore Rallo, si compiace dell’impronta liberale che avrà questo nuovo strumento ma dichiara tra il brusio dei presenti, che gli attuali consiglieri non sono in grado di approvare questo Piano perché non lo capiscono.

“Non ho bisogno che qualcuno mi spieghi che la Lega non è razzista. Lo so” (P.L. Bersani)

Profughi in arrivo? La Caritas è pronta. Dagli enti locali nessuna ospitalità per gli uomini in fuga dal Nord Africa. Ci penseranno le parrocchie. L’assessore leghista: «La Curia se vuole utilizzi le sue case»

La Provincia, 25 febbraio 2011 (M.Cast.)

«Accoglienza ai profughi, qui? Non se ne parla neppure. La Caritas usi le case della Curia e gli oratori vuoti, faccia elemosina senza venir a chiedere niente agli enti pubblici»: l’assessore comunale all’ambiente, Diego Peverelli, leghista, premette di essere credente, praticante e per niente anticlericale. «Ma non sono un demagogo. Sono un pragmatico», dice con toni accesi. E’ lo stesso ministro agli Interni, Roberto Maroni, leghista, che sta cercando centri d’accoglienza: quest’emergenza tocca le autorità civili. «Ma perché sempre noi dobbiamo andar di mezzo? – chiede Peverelli – noi dobbiamo pensare ai nostri anziani e alle nostre famiglie. Già non ci sono soldi per noi: chi paga per questi clandestini, tutti giovanotti tra i 25 e i 30 anni?». Fuggono dall’orrore e dall’oppressione. «Se così fosse – argomenta Peverelli – chiederebbero lo status di rifugiato politico. Finora, su 6500, l’hanno chiesto in 200 e questo la dice lunga. La verità è un’altra». E la esplicita con una parola:«Invasione». Cioè, spiega, hanno spalancato le porte e sono entrati, «ci stanno invadendo, ne hanno approfittato e l’Europa non si muove, la Sinistra addossa responsabilità al Governo, dimenticandosi le sue». Ma si profila un’emergenza e Como dice: non c’è posto. «Non è un’emergenza – rettifica Peverelli – è un disastro epocale. Perciò teniamoli a casa loro».


Il ciclope di Brunate: quando il sonno della ragione genera mostri

Il ciclope di Brunate: quando il sonno della ragione genera mostri

Da Qui Como Comune di Como e Arpa insieme per controllare le antenne radio e da La Provincia Non solo il ciclope di Civiglio Via ai controlli in tutta la città apprendiamo che il Comune di Como é partito all’offensiva sul tema antenne. D’accordo con ARPA, ci si é divisi i compiti: “il Comune di Como controllerà l’aspetto per così dire esteriore, cioè verificherà la presenza fisica dei tralicci, Arpa Lombardia di Como, invece, provvederà ai controlli sulle emissioni e sulla regolarità dell’impianto di trasmissione di onde elettro magnetiche“.

Tutte balle.

Oggi é il 9 febbraio 2011. Sono passati 9 anni, 11 mesi e 2 giorni dal 7 marzo 2001, giorno in cui venne pubbicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 22 febbraio 2001, n. 36 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici“). Disponeva, dispone, l’ultimo comma dell’articolo 8 che

  • 6. I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

Sul sito del Comune di Como, alla pagina ^Regolamenti^, compaiono: Regolamento per il Consiglio Comunale, Regolamento dei Consigli di Circoscrizione, Regolamento per il Difensore Civico, Regolamento disciplinante le modalità d’accesso ai documenti amministrativi, Regolamento per i Contratti, Regolamento per l’iscrizione all’Albo delle Associazioni, Regolamento per le attribuzioni delle civiche benemerenze, Regolamento per i Referendum Consultivi, Regolamento ICI (2005), Regolamento Contabilità, Piano generale degli impianti pubblicitari – Regolamento del Piano, Piano generale degli impianti pubblicitari – Abaco distributivo, Regolamento Cosap, Regolamento Pubblicità, Regolamento TARSU, Regolamento generale per le entrate, Regolamento edilizio, Regolamento per l’installazione degli apparati di ricezione satellitare, Regolamento del corpo di Polizia Locale, Regolamento speciale per la custodia di edifici comunali, Regolamento per l’assegnazione di alloggi di riserva, Regolamento per il servizio comunale di economato, Regolamento del civico museo archeologico P. Giovio, Piano di localizzazione ottimale per le rivendite di giornali e riviste, Regolamento per la disciplina di smaltimento dei rifiuti solidi urbani o assimilabili, Regolamento per la concessioni di sussidi finanziari, Regolamento servizio di aiuto per la vita indipendente, Regolamento della consulta per il settore servizi sociali, Regolamento per la fruizione dei servizi scolastici, Regolamento in merito alla attività didattica svolta dai dipendenti, Regolamento sulle incompatibilità e per lo svolgimento di incarichi esterni, Regolamento di organizzazione, Regolamento sull’accesso agli impieghi, Regolamento Part Time, Regolamento Mobilità, Regolamento legge Merloni, Disciplina delle Posizioni Organizzative, Regolamento Procedimenti Disciplinari, Regolamento della Biblioteca comunale, Regolamento per la gestione della pubblica fognatura e dell’impianto centralizzato di depurazione, Regolamento della consulta comunale della famiglia, Indirizzi preliminari per l’utilizzo di spazi pubblicitari presso cantieri, edifici comunali in genere e la compartecipazione ai relativi proventi, Regolamento per l’istallazione e l’utilizzo degli impianti di videosorveglianza, Regolamento per Albo Pretorio Virtuale, Regolamento comunale per i servizi armati appartenenti al corpo della Polizia Municipale, Regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari, Regolamento per la Fiera del Giovedì Santo, Regolamento Luna Park, Regolamento Mercato Mercerie, Requisiti per l’apertura e il trasferimento degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, Manuale per la gestione del protocollo informatico, dei flussi documentali e degli archivi, Regolamento per la valorizzazione e promozione del demanio lacuale – autorita’ demaniale di Como.

Del Regolamento per l’installazione delle antenne sul territorio comunale non c’é traccia.

Non basta. Era il 15 maggio 2001 quando la Regione Lombardia pubblicò sul BURL la legge regionale 11 maggio 2001, n. 11, «Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione».

Secondo l’articolo 4 della legge regionale (Livelli di pianificazione):

  1. I comuni, entro centottanta giorni dall’approvazione della presente legge, provvedono ad individuare le aree nelle quali è consentita l’installazione degli impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione, attenendosi agli indirizzi formulati dalla Giunta regionale ai sensi del comma 2.
  2. Nel rispetto della normativa statale vigente, la Giunta regionale, su proposta dell’assessore competente in materia ambientale, sentite le competenti commissioni consiliari, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce i criteri per l’individuazione delle aree nelle quali è consentita l’installazione degli impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione nonche´ i criteri per l’installazione dei medesimi.
  3. […]
  4. Nella definizione dei criteri di cui al comma 2, deve essere tenuto conto delle diverse tipologie di impianto e delle potenze erogate, delle condizioni iniziali di irraggiamento dell’energia elettromagnetica e dei relativi livelli di esposizione nonché dell’incidenza degli impianti su:
  • a) aree di particolare intensità abitativa, asili, scuole, ospedali o case di cura e residenze per anziani;
  • b) edifici di interesse storico ed artistico o altri monumenti o zone di interesse paesaggistico o ambientale.

Nella seduta dell’11 dicembre 2001, la Giunta regionale della Regione Lombardia ha emanato la DGR n. VII/7351, ossia i criteri per l’individuazione delle aree nelle quali è consentita l’installazione degli impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione e per l’installazione dei medesimi, ai sensi dell’art.4, comma 2, della legge regionale 11 maggio 2001, n.11.

Il regolamento dice, tra l’altro che si dovrà valutare l’inserimento dei manufatti nel contesto con riferimento alle norme e dagli indirizzi del Piano Territoriale Paesistico Regionale, con particolare considerazione:

  • degli ambiti percepibili da punti o percorsi panoramici (art.20 delle Norme di Attuazione);
  • del Piano di sistema “infrastrutture a rete” (volume 7 del P.T.P.R.);
  • delle “linee guida per l’esame paesistico dei progetti” (art.30 delle Norme di Attuazione).

Il regolamento dice altresì:

  • L’installazione degli impianti per le telecomunicazioni e la radiotelevisione dovrà essere armonizzata con il contesto urbanistico, architettonico e paesaggistico-ambientale, salvaguardando i caratteri storici, artistici, monumentali e naturalistici; gli impianti possono essere collocati su edifici aventi particolare valore storico-artistico solo a condizione che, per la loro collocazione e visibilità, siano compatibili con tali valori.

Che nel 2011 ci vengano a dire che ci si é divisi i compiti, scusate, ma francamente fa un po’ ridere (non siete un attimino in ritardo?). Mentre non fanno ridere, ma arrabbiare, tenuto conto di quanto dispone la legge nazionale e quella regionale, le affermazioni secondo cui:

  • “Dal momento che l’Arpa dà l’ok noi non possiamo fare niente” (ass. Peverelli, 9.2.2011);
  • “Ci siamo fatti spiegare dal direttore di Arpa come vengano rilasciate le autorizzazioni su carta e come vengano stabilite le attività di controllo” (Sindaco Bruni, 9.2.2011).

Ma del fatto che in quasi dieci anni non abbiate neanche pensato di adottare questo benedetto regolamento, niente?