Senso dello Stato
Arrivando a Palermo diventa difficile non recarsi in via d’Amelio, luogo che mi sembra inutile cercare di spiegare perché sia conosciuto. Il difficile non è arrivarci: un qualsiasi navigatore provvede allo scopo. Il difficile é non restare allibiti dalla assoluta assenza di un qualsiasi segno della presenza dello Stato, che fosse anche una semplice targa o un misero cartello indicatore. C’é, si sa, l’ulivo al quale sono appese annotazioni, ricordi o semplici oggetti di chi é passato e ha voluto lasciare un segno. Ci sono le macchine parcheggiate in mezzo alla strada, il percepibile fastidio dei condomini, i cassonetti della spazzatura. Ci sono le persone che da ogni parte d’Italia vengono a testimoniare valori indifferenti a chi governa questa città. C’é l’imbarazzo di queste persone nel giungere in un luogo diverso da quello che immaginavano, non tanto fisicamente quanto emotivamente. C’è il senso di solitudine che deriva dall’esercitare un rito di cui mancano i simboli. C’è la netta sensazione di essere estranei. C’é, in poche parole, l’assoluta assenza dello Stato. Se, a distanza di 18 anni dall’attentato, questa é la situazione, allora ha forse ragione Marcello Pera quando, nel pessimo intervento al Meeting dell’amicizia del 2002, affermò che lo Stato “non deve asservire la società civile o plasmarla, ma assecondarla o favorirla“. Direi che a Palermo, in via d’Amelio, lo Stato è del tutto riuscito nell’intento.
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