Il canyon di Como …
Il canyon di Como chiuso da una frana
La Provincia 5 aprile 2011
P. Berra
COMO Anche Como ha il suo canyon. O meglio, lo avrebbe. Peccato che sia di difficile accesso già in questa stagione, a causa di numerosi alberi caduti e persino di una frana che ha interrotto il percorso a metà. E che tra qualche settimana, complice la crescita incontrollata della vegetazione, diventerà pressoché impenetrabile.
Stiamo parlando del tratto alto del torrente Cosia, cui si accede da un sentiero sul lato destro della chiesetta di San Francesco in Ravanera a Camnago Volta. Qui comincia una passeggiata lunga un paio di chilometri, che si sviluppa per la gran parte in territorio del contiguo comune di Tavernerio. I passi sono accompagnati dal gorgoglio dell’acqua, che si lancia in numerose cascatelle e che ha scavato gole profonde fino a venti metri. Una compagnia suggestiva, soprattutto per chi il Cosia è abituato a considerarlo un fiume interrato (sotto la tangenziale), spesso maleodorante (lo sbocco a lago) e mal frequentato (dalle pantegane, che ogni tanto si vedono correre lungo gli argini in via Pannilani). E invece la Valle del Cosia, dalla sorgente sul Monte Bolettone, in territorio di Albavilla, fino a Camnago Volta, passando per Albese e Tavernerio, è ancora vitale. Non per niente dal 1997 un’associazione, La Città possibile, si sta battendo affinché sia riconosciuta e tutelata come Parco locale di interesse sovracomunale (Plis). Ma i volontari, supportati a corrente alternata dagli enti locali, non possono arrivare dappertutto: hanno recuperato l’ex via del tram, quella che dal 1912 al ’56 fu percorsa dalla linea Como-Erba e che da alcuni anni è diventata un itinerario nel verde tra i più accessibili e amati dai comaschi. Il lavoro, su quella tratta, continua: il primo decisivo intervento era stato la ricostruzione del ponte dei bottini, l’ultimo la posa dei cartelli segnaletici che indicano i diversi sentieri limitrofi nel frattempo ripristinati.
Se si recuperasse anche il “canyon del Cosia”, che corre più in basso, quasi in parallelo, si potrebbe facilmente costituire un percorso ad anello. Oltre agli alberi e alla frana, bisognerebbe rimuovere un bidone abbandonato a pelo d’acqua, di quelli che usavano le tintostamperie per smaltire le sostanze chimiche, e ridare un senso alle cascina e alle due grandi serre “fantasma” che si incontrano all’inizio e che ci ricordano di quando Camnago era l’orto di Como, dove si coltivavano porri e patate, carote e cicoria. Proliferavano anche gli alberi da frutto, di cui in questi giorni si può ancora ammirare qualche inflorescenza, nascosta tra le robinie. Il sentiero, come detto, è interrotto, dopo circa mezz’ora di cammino, da una frana. Gli ardimentosi che riuscissero a superarla, dopo troverebbero una straordinaria via verde, larga come una carrozzabile ma coperta da un tappeto erboso. E, guadato il torrente in un punto che non presenta particolari difficoltà, sbucherebbero a Tavernerio. Prendendo il marciapiedi, sulla sinistra, per raggiungere l’imboccatura della soprastante via del tram, si passa davanti a un’altra chiesetta molto caratteristica, quella di San Fereolo, affacciata su un affluente del Cosia, il Tisone. Una leggenda vuole che Fereolo, brigante pentito, si fosse ritirato nella Valle del Cosia per fare penitenza, ma qui fu raggiunto e trucidato dai suoi ex compagni di malefatte, il 18 settembre del 304. Sembra oggi, viene da pensare, dopo aver attraversato questa “selva oscura”.
Pietro Berra
http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cronaca/407743/
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