I Piani Regolatori della città di Como dall’Unità d’Italia ad oggi. E domani? Un centro storico senza più cintura di castità!
“Abbiamo levato la cintura di castità al centro storico”
Se si volesse badare al sodo anzi ai soldoni, si potrebbe sintetizzare così, con questa colorita affermazione del Prof. Paolillo, coordinatore scientifico del nuovo PGT , la cifra del Convegno “I Piani regolatori della città di Como dall’Unità d’Italia ad oggi. E domani? “ svoltosi il 17 marzo, a Como presso la Sala Turca del Teatro Sociale, ma non sarebbe corretto e farebbe torto all’esito complessivo dell’incontro che la Confedilizia ha voluto, come detto in apertura dal suo presidente, Avv Bocchietti, per tentare di colmare un vuoto di informazione sull’evoluzione del PGT .
Il Convegno è stato, infatti, ricco di contenuti e non poteva essere diversamente visti i relatori: Chiara Rostagno, funzionario della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano già autrice di uno studio in due volumi sui Piani regolatori di Como; l’Avv. Lorenzo Spallino, docente di diritto urbanistico ed il Prof. Paolillo ordinario di urbanistica al politecnico di Milano e,ora, gran sacerdote del redigendo PGT.
Dopo il sindaco Stefano Bruni, che saluta e ricorda che il PGT è uno strumento urbanistico completamente diverso dai vecchi piani regolatori, e ribadisce che questo sarà un Piano nel segno della sostenibilità, il dott. Longatti , apre ai relatori non prima però di aver posto l’accento sul fiorire in qs anni, di idee, anche singolarmente valide ( il campus universitario su tutte) ma non legate in un disegno coerente, quel disegno che ora si attende che emerga e che spieghi i principi su cui si basa il nuovo piano del governo del territorio.
Sono chiari invece, nell’esposizione della dott. Chiara Rostagno i principi che hanno mosso i precedenti piani, quelli che vanno dall’Unità d’Italia agli anni 60 del 900, giusto un secolo, su cui si sofferma e di cui traccia la relazione con la Storia, a partire da quello del 1864, ad unità d’Italia appena avvenuta quando anche i cittadini di Como si chiedono quali monumenti erigere in onore dei Reali, volendo essere Como una città regia sì ma con il legittimo desiderio di configurarsi al contempo come città moderna, e scelgono, con il progetto Carminati di non erigere archi trionfali ma costruire opere utili come la nuova arteria che connetterà due punti forti della città: il Porto, allora luogo di incontro e scambio con l’alto lago e le regioni a Nord e Porta Torre, la porta che volge verso Milano. Dopo questo primo intervento, mentre la città incominciava ad espandersi verso oriente, con i quartieri borghesi intorno a via xx settembre, il viale della stazione, perno della viabilità futura e della città giardino che si espandeva e diventava adeguata alle nuove richieste di vivibilità, seguirono, opere, etiche ancor prima che estetiche, di ingegneria sanitaria, Le nuove ed aumentate richieste di vivibilità si concretizzeranno successivamente con la creazione di un parco pubblico a lago, lago che diventa, così come il nuovo verde pubblico, luogo estetico aperto a tutti e non più solo riservato alle grandi fortune che risiedevano in villa con darsena. Il grande tema della riqualificazione interna della città continua ad essere presente nei piani dei decenni successivi per poi concretizzarsi pienamente, con la demolizione de la Curtesella” nel piano del ’37 vincitore del concorso per un Piano regolatore, un momento straordinario nella storia di Como che le parole della dott. Rostagno ben rendono. “8 giovani architetti che stravolsero il destino della città e dell’architettura italiana: il gruppo CM8, otto ragazzi che si chiudono in 2 capannoni a lago e guardano con coraggio e disinvoltura la città, riservano al centro storico la cura del cesello …. Pensano una città che guarda fuori, una città nella città dentro e fuori le mura, preserva il centro storico e trova spazio per la modernità ma con contatto, la città definita per stratificazioni , una città ampia che supera i suoi confini amministrativi”.
Seguirono poi la variante del 1952 ed un nuovo piano nel 1967 che ricalcava i precedenti piani che si erano presi carico della città e del suo sviluppo. Purtroppo il piano del 67 segnò una sconfitta, perché dopo un difficile travaglio venne stralciata ogni previsione per il centro storico.
La dott. Rostagno ferma a cinquant’anni fa il suo excursus sui piani regolatori di Como, troppo vicini ed attuali i successivi perché lo storico possa leggerli con il dovuto distacco.
E’ al contrario tutto incentrato sul presente, in particolare sui criteri ispiratori della L.R. 12/2005 e principi generali nella redazione dei PGT, l’intervento dell’Avv. Spallino che trovate integralmente qui
A sua volta, Il Prof Paolillo, non delude le attese e subito entra nella pancia del Piano, un Piano con poco cibo perché il Comune non ha una lira e lui ha dovuto acconciarsi a chiedere agli studiosi e ad alcuni professionisti, di cercare tra i loro saggi, e che glieli mandassero così che potessero essere inseriti come approfondimenti al Piano, un PiGTche ci ricorda, costa un terzo del costo stimato dagli ordini professionali per un lavoro così complesso. Spiega poi che il Piano è a tutti gli effetti il Piano dell’Arch. Cosenza e che è infernale per durezza e preveggenza, ma concorda con l’Arch. sulla necessità che il Piano sia parsimonioso, che eviti di mettere mano alle risorse fisiche, al suo paesaggio. Ci spiega il Professore che si è chiesto dove avrebbe potuto esercitare il proprio ludibrio … ahimè su ben poca parte del territorio comunale, un piccolo 5% e per di più su un territorio gravato da ben 29 vincoli! Tra una digressione e l’altra, sull’urbanistica onnipotente degli ultimi quarant’anni e sulla città dispersa versus la città compatta, figlia della tradizione lombarda, il prof. Paolillo ci informa che ha dedicato ben 600 pagine alla città murata, migliaia di files, da cui ha tratto ipotesi che non può sviluppare al momento ai presenti, ma anticipa che in città murata sono 5previsti gradi di “interventibilità”, ma non sono apodittici ed afferma che “ha levato la cintura di castità al centro storico” ma rifiuta che si dica che sta scardinando la città. Al contrario ogni progetto presentato dovrà avere in sé un alto grado di definizione e motivazione.
Aggiunge poi che questa città è da trasformare, rivitalizzare, incentivare, deve attrarre capitali e non essere parassita e che se questa città non avrà una reazione di orgoglio non saranno né le norme né i vincoli a far sì che ci si riesca. Fra due mesi il Piano sarà finito.
I consiglieri Saladino e Iantorno chiedono poi ragguagli sulle periferie e lamentano lo scarso coinvolgimento della città nell’elaborazione del Piano, mentre l’ex assessore Rallo, si compiace dell’impronta liberale che avrà questo nuovo strumento ma dichiara tra il brusio dei presenti, che gli attuali consiglieri non sono in grado di approvare questo Piano perché non lo capiscono.